
Il capitolo sul Medio Oriente – delle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 26 giugno – contiene le parole più dure mai usate finora dai Ventisette nei confronti di Israele: in particolare, denuncia senza mezzi termini la “catastrofica situazione umanitaria” nella striscia di Gaza, il “numero inaccettabile di vittime civili” e “la fame” causate dal blocco degli aiuti imposto dallo Stato e ebraico, e chiede di mettervi fine. Ma i diversi Paesi continuano a essere divisi e ad apparire impotenti sulle conseguenze da trarre, in termini di azioni e iniziative concrete da intraprendere, a seguito della presentazione del rapporto dell’Alta rappresentante per la Politica estera dell’Unione, Kaja Kallas, per la revisione dell’Accordo di associazione Ue-Israele (vedi qui).
Il rapporto era stato già discusso dai ministri degli Esteri, durante il Consiglio Ue di lunedì 23 giugno, a Bruxelles, senza che si giungesse ad alcuna conclusione operativa, nonostante le molte prove e le conclusioni inequivocabili (che nessun Paese ha messo in questione), sulle violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di Israele, e quindi dell’obbligo di rispettare i diritti umani e i princìpi democratici, stabilito dall’articolo 2 dell’Accordo di associazione.
Da allora le posizioni degli Stati membri non sono cambiate molto: la Spagna, con le dichiarazioni durissime del premier Pedro Sánchez a Bruxelles, si è messa alla testa del nutrito gruppo (più di quindici Paesi) che vorrebbe una sospensione dell’Accordo con Israele per violazione dell’articolo 2, che impone a entrambe le parti il rispetto dei diritti umani. Ma almeno una decina di altri Stati membri (tra cui Italia e Germania) non sono d’accordo sulla sospensione, perché ritengono, in sostanza, che una rottura dell’Unione con Israele sarebbe controproducente in questo momento, in quanto interromperebbe il dialogo tra le due parti, visto come l’unico modo per cercare di evitare l’escalation, di fare arrivare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, e di perseguire soluzioni negoziate che facciano cessare il conflitto.
La sospensione dell’Accordo è una decisione che rientrerebbe tra le possibilità previste in base all’articolo 79 (“Qualora una delle parti ritenga che l’altra parte non abbia adempiuto a un obbligo previsto dal presente accordo, essa può adottare le misure appropriate”), ma per approvarla sarebbe necessaria l’unanimità, che appare irrealistica. Sarebbero possibili anche altre iniziative meno drastiche e più limitate per fare pressione su Israele (per esempio, nel settore commerciale o degli investimenti), per le quali basterebbe la maggioranza qualificata (55% degli Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Unione). Ma con Italia, Germania e anche solo un paio di altri Paesi più piccoli contrari, neanche in questo caso ci sarebbero le condizioni per l’approvazione.
Le conclusioni del Consiglio europeo si limitano a “prendere atto della relazione”, presentata da Kaja Kallas, riguardo alla valutazione del rispetto da parte di Israele dell’articolo 2 dell’Accordo di associazione, e a chiedere al Consiglio Ue, ossia ai ministri degli Stati membri, di “proseguire le discussioni su un eventuale seguito” da dare al Rapporto Kallas “nel luglio 2025, tenendo conto dell’evoluzione della situazione sul campo”. Quest’ultima frase sembra indicare la speranza che Israele, nelle due settimane precedenti il Consiglio Esteri (previsto il 15 luglio), si lasci convincere quantomeno a togliere il blocco agli aiuti umanitari e a smettere di bombardare gli ospedali nella Striscia.
Il Consiglio europeo – si legge nelle conclusioni – “chiede un cessate il fuoco immediato a Gaza e il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi, che portino alla fine definitiva delle ostilità. Deplora la terribile situazione umanitaria a Gaza, il numero inaccettabile di vittime civili” e la mancanza di cibo che sta affamando la popolazione. I Ventisette fanno appello a Israele “affinché revochi completamente il blocco su Gaza, consenta un accesso immediato e senza ostacoli e una distribuzione continuata di assistenza umanitaria su vasta scala all’interno di Gaza” e in tutto il suo territorio, e “consenta alle Nazioni Unite e alle sue agenzie, nonché alle organizzazioni umanitarie, di operare in modo indipendente e imparziale per salvare vite umane e ridurre le sofferenze”. Israele – si sottolinea – “deve rispettare pienamente i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario”. Il Consiglio europeo ricorda poi “l’imperativo di garantire in ogni momento la protezione di tutti i civili, compresi gli operatori umanitari, nonché delle infrastrutture civili, comprese le strutture mediche, le scuole e le sedi delle Nazioni Unite”. D’altra parte, si “deplora il rifiuto di Hamas di consegnare gli ostaggi rimasti”.
Ricordando le conclusioni di un altro Consiglio europeo, dell’ottobre scorso, i leader dei Ventisette ribadiscono quindi “la ferma condanna dell’escalation in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, a seguito dell’aumento della violenza dei coloni, dell’espansione degli insediamenti illegali e delle operazioni militari israeliane”. Nelle prossime riunioni del Consiglio Esteri, i ministri sono invitati “a proseguire i lavori su ulteriori misure restrittive contro i coloni estremisti e le entità e organizzazioni che li sostengono”, e anche a “lavorare ulteriormente per misure restrittive contro Hamas”. “L’Unione europea – ribadiscono ancora i leader dei Ventisette – rimane fermamente impegnata a favore di una pace duratura e sostenibile basata sulla soluzione dei due Stati”, ed è “pronta a contribuire a tutti gli sforzi per raggiungere questa soluzione”, invitando “tutte le parti ad astenersi da azioni che ne compromettano la fattibilità”. L’Unione, infine, continuerà “a sostenere l’Autorità nazionale palestinese e il suo programma di riforme”.
Le conclusioni sono state commentate in modo dettagliato dal presidente del Consiglio europeo, António Costa, durante la conferenza stampa al termine del vertice di Bruxelles, nelle prime ore della notte del 27 giugno, con una interpretazione ottimistica del tipo “aspettate e vedrete”, che cerca di tenere le posizioni di tutti gli Stati membri nella stessa barca. “Qualsiasi pace globale e sostenibile in Medio Oriente – ha osservato Costa – richiede una soluzione duratura a Gaza. Lì la situazione umanitaria è catastrofica e i diritti umani vengono violati. La verifica del rispetto da parte di Israele del nostro Accordo di associazione congiunto lo ha confermato. È una situazione inaccettabile. I nostri ministri degli Esteri discuteranno i prossimi passi” da intraprendere. “Nel frattempo – ha aggiunto il presidente del Consiglio europeo –, dobbiamo avviare un dialogo franco con Israele, per uscire da questa crisi e cambiare la situazione sul campo. E, naturalmente, non possiamo mai dimenticare che Hamas deve liberare immediatamente gli ostaggi rimasti. La nostra strategia globale è chiara: per una vera pace in Medio Oriente, è essenziale rendere concreta la soluzione dei due Stati. Dobbiamo compiere dei progressi in questa direzione”. “Israele – ha detto poi Costa rispondendo ai giornalisti – è un Paese amico; ma con gli amici dobbiamo essere franchi, aperti e chiari: abbiamo un Accordo di associazione, e nei termini di questo Accordo di associazione, secondo l’articolo 2, entrambe le parti devono rispettare certi valori. Nessuno può ignorare quello che vediamo in tv e che leggiamo sulla stampa: la situazione umanitaria a Gaza è totalmente inaccettabile, e questo è il motivo per cui l’Alta rappresentante ha chiesto, ai sensi dell’articolo 2, una revisione dell’Accordo di associazione”.
Il Rapporto Kallas – ha sottolineato a questo punto il presidente del Consiglio europeo – “è molto chiaro: c’è una violazione sistematica da parte di Israele dei diritti umani a Gaza. Abbiamo preso atto di questo rapporto e abbiamo incaricato l’Alta rappresentante di prendere le decisioni conseguenti e approvare il passo successivo”. “Nel frattempo – ha continuato Costa –, parleremo con Israele e gli ripeteremo che dovrebbe immediatamente accettare il cessate il fuoco e interrompere il blocco degli aiuti umanitari, garantire il pieno rispetto dei diritti umani a Gaza e fermare anche i nuovi insediamenti illegali dei coloni in Cisgiordania”. A una giornalista che chiedeva se l’Unione non sia “impotente” nei confronti di Israele, a causa delle sue divisioni, il presidente del Consiglio europeo ha risposto: “L’evoluzione della posizione dell’Unione ha seguito chiaramente gli sviluppi della situazione a partire dal 7 ottobre, dall’attacco terroristico di Hamas. Allora siamo stati unanimi nel condannare immediatamente quell’attacco terroristico e nel riconoscere il diritto di Israele a difendersi al di fuori del proprio territorio, e siamo stati molto fermi nel sostenere Israele in questo contesto”. Ma “quando la situazione ha cominciato a cambiare, per un certo tempo i Ventisette non sono stati in grado di concordare una valutazione, una visione comune di ciò che sta accadendo a Gaza. Siamo un’Unione plurale. Ci sono diverse politiche nazionali, diverse visioni nazionali, dobbiamo rispettarle. Questo fa parte della ricchezza dell’Unione: la nostra diversità” – ha rilevato Costa. “Poi – ha ricordato –, con l’evolversi delle cose nel corso dei mesi, è diventato sempre più chiaro che ciò a cui stavamo assistendo era insopportabile, e da una situazione in cui non si poteva prendere una decisione a ventisette, ci siamo mossi verso una situazione in cui i Ventisette potevano ora concordare una decisione, sulla base dell’articolo 2 dell’Accordo di associazione. La decisione di chiedere all’Alta rappresentante una relazione sulla situazione dei diritti umani a Gaza e sul loro rispetto. E questo è un punto importante, perché per la prima volta i Ventisette hanno deciso di agire sulla base dell’articolo 2 dell’Accordo”. “Ma c’è anche – ha aggiunto il presidente del Consiglio europeo – un secondo momento importante: il rapporto è stato redatto in modo obiettivo sulla base di dati forniti da esperti internazionali riconosciuti, ed è giunto a conclusioni molto chiare. Ora, pertanto, non possiamo rimanere passivi: abbiamo assistito alla presentazione di quel rapporto: l’Unione – ha insistito – non può rimanere inattiva, e i passi successivi ci saranno nella prossima riunione dei ministri degli Esteri: su quella base il Consiglio dovrà decidere che cosa fare”. “Nel frattempo, lo ribadisco, non possiamo restare con le mani in mano. Dobbiamo dialogare con Israele, e i dati oggettivi contenuti nel rapporto – ha puntualizzato Costa – devono essere parte di questa discussione. Dobbiamo confrontarci su questo, e dobbiamo chiedere a Israele di fare ciò che è necessario, dobbiamo chiedere il cessate il fuoco. Dobbiamo chiedergli di consentire l’ingresso di aiuti alla popolazione di Gaza, e che i nuovi insediamenti illegali cessino in Cisgiordania. Allo stesso tempo, naturalmente, continueremo a chiedere che Hamas liberi tutti gli ostaggi senza condizioni”. “Insomma, abbiamo delle cose da fare e le faremo – ha assicurato il presidente del Consiglio europeo –, sulla base del nostro accordo con Israele, nel rispetto del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite e degli accordi bilaterali. È così – ha concluso – che lavoreremo con Israele”.
L’appuntamento, dunque, è per il 15 luglio, al Consiglio Esteri. Ma è meglio non farsi troppe illusioni: su Israele l’Unione resta divisa e ininfluente.