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Unione europea, un “price cap” sempre più irraggiungibile

L’unico progresso al Consiglio Energia del 25 ottobre è stata la conferma del consenso dei Ventisette sul dispositivo per il negoziato congiunto circa gli acquisti di gas. Sul “corridoio dinamico dei prezzi”, invece, tutto in alto mare

28 Ottobre 2022 Lorenzo Consoli  462

Il Consiglio europeo di Bruxelles del 20-21 ottobre ha conferito un chiaro mandato alla Commissione e al Consiglio dei ministri dell’Energia affinché adottino al più presto una serie di misure e soluzioni, che includano anche “un corridoio temporaneo dinamico dei prezzi per le transazioni riguardo al gas naturale”, in risposta all’impennata dei prezzi energetici. Un fenomeno dovuto, com’è noto, alle manovre manipolatorie e ostili della Russia, ma anche alle immancabili speculazioni sul mercato, e al meccanismo della formazione dei prezzi dell’elettricità in Europa, fortemente influenzato dai prezzi del gas, in particolare del metano che arriva attraverso i gasdotti. Nonostante questo appello unanime dei leader, e il suo indubbio carattere di urgenza, resta viva però l’impressione che l’Unione continui a muoversi su questo terreno a fatica, con il freno a mano tirato. Vedremo da chi e perché. 

Nelle sue conclusioni, il Consiglio europeo, invita i ministri dell’Energia e la Commissione “a presentare urgentemente decisioni concrete” sulle proposte già avanzate dalla stessa Commissione e su “misure aggiuntive”, che vengono elencate in una lista. Questa formulazione è significativa per due ragioni. Innanzitutto, non è vaga e ambigua come quella delle bozze iniziali delle conclusioni, in cui al Consiglio dei ministri e alla Commissione veniva chiesto solo di “esplorare” o di “esaminare” delle proposte sulle nuove misure, non di presentarle. In secondo luogo, perché dalla lista delle misure non sono state eliminate quelle più care all’Italia e alla maggioranza degli Stati membri, ma osteggiate dalla Germania e pochi altri: il price cap (ribattezzato “corridoio dinamico di prezzi”) per le importazioni di gas; e il riferimento, sia pure vago, ad “azioni comuni a livello europeo” per proteggere le famiglie e le imprese dagli effetti dei rincari energetici.

La svolta positiva è avvenuta soprattutto per via della determinazione con cui Mario Draghi, nel suo ultimo atto da premier, ha propugnato e difeso le posizioni dell’Italia e della maggioranza degli Stati membri, contro le esitazioni e i ritardi della Commissione e contro l’opposizione di Germania, Olanda, Austria, Ungheria e Paesi nordici. In gran parte, le misure a cui si riferisce il mandato del Consiglio europeo sono quelle che la Commissione ha già presentato il 18 ottobre, con una proposta di regolamento sottoposta all’approvazione dei ministri dell’Energia. Questo regolamento prevede, in certi casi, la successiva presentazione di ulteriori proposte di decisioni operative, da parte dell’esecutivo Ue, che il Consiglio dovrà approvare per arrivare alla loro attuazione concreta. 

Ma vediamo quali sono le proposte “aggiuntive”, non comprese nella proposta di regolamento della Commissione del 18 ottobre. La prima richiesta riguarda “un quadro temporaneo Ue per porre un tetto al prezzo del gas usato per la generazione di energia elettrica, che includa un’analisi dei costi-benefici” di questa misura, e “impedisca un aumento dei consumi di gas”. Andrà inoltre affrontato – precisa il Consiglio europeo – “l’impatto finanziario e quello sulla distribuzione”, con particolare attenzione ai flussi di elettricità “sovvenzionata” al di là dei confini dell’Unione, nei Paesi vicini (come Svizzera e Regno Unito, integrati nel mercato elettrico europeo). Su questo, la Commissione ha già presentato un cosiddetto “non-paper” al Consiglio Energia del 25 ottobre.

In secondo luogo, si sollecita un’accelerazione e semplificazione delle procedure di autorizzazione delle installazioni per la produzione di energie rinnovabili e delle reti per il loro trasporto, anche con misure di emergenza, al fine di introdurle più rapidamente. Un dispositivo utile a questo fine è già stato proposto dalla Commissione a maggio, nel pacchetto “REPowerEU” (non ancora approvato definitivamente dai co-legislatori), che mira ad accelerare la transizione verso le energie verdi, e la cessazione della dipendenza europea dagli idrocarburi russi. 

Sulla terza misura “aggiuntiva” le conclusioni del Consiglio europeo sono più ambigue, con una formula di compromesso di non facile lettura (che sembra sia stata concordata direttamente dai leader dei maggiori Paesi, Germania, Francia e Italia, durante il vertice): è la questione già citata delle “azioni comuni a livello europeo”, o, secondo una definizione più chiara data da Draghi, della nuova “capacità di spesa” a livello comunitario, non solo per finanziare gli investimenti di “REPowerEU”, ma anche per “mobilitare strumenti pertinenti a livello nazionale e dell’Ue” al fine di proteggere “le famiglie e le imprese, e in particolare le più vulnerabili nelle nostre società”, e anche per “preservare il mercato unico e condizioni di parità” al suo interno (il level playing field). Il Consiglio europeo sottolinea l’importanza di uno stretto coordinamento e di “soluzioni comuni a livello europeo, ove appropriato”. 

Quanto alle misure che sono state già proposte dalla Commissione il 18 ottobre, il Consiglio europeo le elenca, precisando che le “decisioni concrete” dovranno essere presentate “dopo averne valutato l’impatto in particolare sui contratti esistenti e la non incidenza sui contratti a lungo termine, e tenendo conto dei diversi mix energetici e delle circostanze nazionali”.

Innanzitutto, la misura su cui c’è già la convergenza più ampia: la predisposizione di negoziati congiunti per gli acquisti di gas da parte dei Paesi membri, su base volontaria, eccetto che per una aggregazione della domanda per un volume equivalente al 15% dei bisogni di riempimento dei depositi di stoccaggio di ogni Paese, che invece sarà obbligatoria. Gli Stati membri non hanno comunque l’obbligo di accettare, alla fine, i contratti negoziati congiuntamente. Da notare che, essendo in primo luogo le aziende e non gli Stati a negoziare sul mercato energetico, è prevista e incoraggiata la creazione di consorzi di imprese, con l’accordo che non verranno applicati, in questo caso, i divieti generali dei cartelli e degli abusi di posizione dominante previsti dalle norme comunitarie antitrust (articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione). 

La seconda misura richiesta è l’instaurazione, “entro l’inizio del 2023, di un nuovo parametro di riferimento, complementare” all’attuale indice Ttf (Title transfer facility) della Borsa di Amsterdam, che rifletta più accuratamente le condizioni del mercato del gas, attribuendo al gas naturale liquefatto (Gnl) il peso reale che ha assunto oggi nelle importazioni europee, avendo sostituito in gran parte il metano russo proveniente dai gasdotti.

La terza misura è, in sostanza, una versione più elaborata del price cap sul mercato all’ingrosso del gas, chiesto dall’Italia e da una quindicina di altri Stati membri. Il Consiglio europeo chiede “un corridoio di prezzo dinamico temporaneo sulle transazioni di gas naturale per limitare immediatamente gli episodi di rialzo eccessivo dei prezzi”. La creazione di questo “meccanismo temporaneo di correzione del mercato”, tuttavia, è sottoposta a una lunga serie di condizioni, sollecitate evidentemente dai Paesi contrari al price cap. Esse sono indicate nelle conclusioni del Consiglio europeo, con un riferimento alla proposta della Commissione del 18 ottobre (articolo 23), secondo cui il meccanismo di correzione 1) deve applicarsi alle transazioni nell’ambito del Ttf – il mercato virtuale di riferimento per i prezzi del gas in Europa – con la possibilità che “altri centri di scambio dell’Unione si leghino al prezzo spot Ttf, corretto attraverso un corridoio dinamico di prezzo”; 2) non deve pregiudicare gli scambi di gas fuori dai mercati regolamentati (out of the counter); 3) non deve mettere a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento di gas dell’Unione; 4) deve dipendere dai progressi compiuti nell’attuazione degli obiettivi nazionali di risparmio di gas, e non deve comportare un aumento complessivo del suo consumo; 5) deve essere concepito in modo da non impedire i flussi di gas intra-Ue basati sul mercato; 6) non deve pregiudicare la stabilità e l’ordinato funzionamento dei mercati dei derivati energetici; 7) deve tenere conto dei prezzi di mercato del gas, nei diversi mercati organizzati nell’Unione.

Infine, il Consiglio europeo chiede di predisporre le “misure di solidarietà energetica” tra gli Stati membri, previste sempre dalla proposta di regolamento del 18 ottobre in caso di interruzione dell’approvvigionamento del gas a livello nazionale, regionale o dell’Unione, che si applicheranno di default anche in assenza di accordi bilaterali di solidarietà.

Dopo la svolta del Consiglio europeo, la prima occasione per dare attuazione al mandato dei capi di Stato e di governo era il Consiglio dei ministri dell’Energia, svoltosi il 25 ottobre a Lussemburgo. Ma i suoi risultati sono stati deludenti. Come aveva chiesto il Consiglio europeo, la Commissione ha inviato ai ministri, poche ore prima della loro riunione, un “non paper” (cioè un documento che non costituisce una proposta formale), con una valutazione approfondita della eventuale fissazione di un tetto al prezzo del gas impiegato per la produzione di elettricità, allargando a tutto il mercato dell’Unione la cosiddetta “eccezione iberica”, già in applicazione in Spagna e Portogallo. Si tratta, in sostanza, di un “prezzo amministrato”, in cui gli Stati pagano la differenza fra il prezzo reale all’importazione e quello calmierato, a partire da una certa soglia, pagato dai produttori di elettricità. 

Il “non paper” individua, con un’analisi costi-benefici, i problemi che presenterebbe questa soluzione, e in particolare il rischio che alcuni Paesi terzi, confinanti con l’Unione europea, possano acquistare il gas così sussidiato dagli Stati membri, senza avere partecipato ai costi del meccanismo. La Commissione presenta una serie di opzioni per ovviare a questo problema, avvertendo però che non sono soluzioni facili, in particolare per quanto riguarda il Regno Unito, che ha un trattato con l’Ue riguardo alla partecipazione al mercato europeo dell’energia. Un problema simile, comunque, esiste anche all’interno del mercato unico, perché il prezzo “sussidiato” dell’elettricità costerebbe molto di più ai Paesi che dipendono maggiormente dal gas per produrla – come Italia, Germania e Olanda –, rispetto ai Paesi che hanno più nucleare (come la Francia) o più rinnovabili nel loro mix energetico. Starà comunque agli Stati membri indicare alla Commissione le opzioni che preferiscono, prima di arrivare a una proposta formale, che a questo punto appare ancora piuttosto incerta.   

L’unico vero progresso al Consiglio Energia è stata la conferma del consenso dei Ventisette sul dispositivo per il negoziato congiunto per gli acquisti di gas. Sul “corridoio di prezzo” da applicare temporaneamente al Ttf, invece, diversi ministri hanno lamentato la mancanza di dettagli “molto più precisi e concreti” da parte della Commissione su come funzionerà il meccanismo, dando l’impressione che su questo punto si sia ancora in alto mare. La presidenza ceca di turno del Consiglio Ue ha quindi convocato una nuova riunione straordinaria dei ministri dell’Energia per il 24 novembre, una settimana dopo la data inizialmente prevista del 18 novembre.

Nel frattempo, la Commissione dovrebbe finalmente presentare la proposta dettagliata e operativa sul corridoio di prezzo del gas, e intanto il Coreper (il comitato tecnico degli ambasciatori dei Paesi membri presso l’Unione, che prepara le riunioni ministeriali del Consiglio) avrebbe il tempo di avvicinare le posizioni dei governi sui punti ancora controversi. In questo modo, si arriverebbe finalmente alle decisioni operative proprio il 24 novembre, o nel Consiglio successivo a dicembre, e in ogni caso prima della fine dell’anno. 

Quello che non è chiaro, in questa narrazione, è perché il Consiglio Energia non abbia già approvato, il 25 ottobre, il regolamento che la Commissione ha proposto il 18 ottobre, già pronto sul tavolo dei ministri, con la benedizione del mandato “urgente” dei capi di Stato e di governo. Quel regolamento, infatti, deve essere adottato dal Consiglio prima che la Commissione formuli la proposta operativa sul corridoio di prezzo, secondo una sequenza in due tappe (two-step approach). Il regolamento è necessario “per fissare i principi e dare il mandato giuridico alla Commissione di proporre il meccanismo di controllo dei prezzi del Ttf” – ha confermato una fonte qualificata dell’esecutivo comunitario.

Se nei mesi scorsi è la Commissione che ha dato l’impressione di prendere ordini da Berlino, temporeggiando sul price cap – una misura che Draghi aveva chiesto fin dal marzo scorso, e che sarebbe servita soprattutto in estate, quando i prezzi del gas sono andati alle stelle a causa dell’impennata della domanda (perché i Paesi Ue dovevano riempire i depositi di stoccaggio per affrontare la stagione invernale) –, l’esecutivo comunitario oggi può dire di avere fatto tutto quello che poteva e doveva fare. A spingere sul freno restano invece, in Consiglio Ue, gli Stati contrari all’intervento sui prezzi, perché a loro interessa soprattutto la sicurezza di un approvvigionamento a qualsiasi costo.

E pesa su tutto questo un’intesa fra i leader che il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha menzionato alla fine del vertice Ue, il 21 ottobre: essa prevede che, su questa materia, le decisioni non verranno prese a maggioranza qualificata, come pure prevede il Trattato Ue, ma con un consenso più ampio, che sostanzialmente non lasci fuori, i Paesi contrari al price cap. “Intorno al tavolo del Consiglio europeo – ha riferito Michel – c’era quella che io chiamo una clausola di fiducia. È la determinazione a dare mandato ai nostri ministri dell’Energia di lavorare sodo, di lavorare lealmente per garantire che ci sia il più ampio sostegno possibile nell’attuazione delle misure”.

Il tetto al prezzo del gas – o corridoio dinamico, o meccanismo di correzione del mercato, o comunque lo si voglia chiamare – potrebbe, insomma, non vedere mai davvero la luce. Dopo la fine di marzo, non servirà più, perché a quel punto sarà stato introdotto un nuovo benchmark, un indicatore di prezzo con parametri di riferimento molto più adeguati del Ttf alla vera situazione del mercato, e meno esposto alle manipolazioni della Russia. Nel frattempo, sarà a buon punto – si spera – anche la riforma strutturale del mercato europeo dell’elettricità, con il disaccoppiamento dei prezzi dell’elettricità da quelli del gas. 

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