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Economia circolare, verso una rivoluzione

La Commissione europea ha proposto un pacchetto di misure che imporrà nuove regole e contrasterà l’obsolescenza programmata dei prodotti

11 Aprile 2022 Lorenzo Consoli  1407

È una vera e propria rivoluzione per il mercato e per i consumatori dell’Unione europea: praticamente tutti i prodotti di consumo, con le sole eccezioni di medicinali, alimenti e mangimi, saranno sottoposti a un nuovo regolamento sulla progettazione eco-compatibile (Ecodesign), basata su precisi criteri riguardanti la sostenibilità e l’economia circolare. I prodotti dovranno essere completamente riciclabili, durevoli e riparabili, con la minimizzazione della produzione di emissioni e di rifiuti, l’eliminazione degli sprechi, il massimo risparmio energetico, lungo tutto il loro ciclo di vita.

Lo prevede il nuovo pacchetto sull’economia circolare che la Commissione europea ha proposto il 30 marzo scorso. I tragici eventi della guerra russa in Ucraina hanno fatto passare la notizia in secondo piano nei media, ma vale la pena di esaminare più in dettaglio la portata delle misure proposte o prospettate nel pacchetto, che presuppongono un cambiamento profondo nel modo di produrre e di consumare, nelle informazioni obbligatorie che dovranno fornire i produttori, nei diritti per i consumatori, che potranno sapere con precisione che cosa acquistano, anche in termini di durata e riparabilità dei prodotti, senza essere più vittime dell’obsolescenza programmata e delle credenziali di eco-sostenibilità false o ingannevoli (greenwashing), che verranno equiparate a pratiche commerciali sleali. 

Cambieranno radicalmente le stesse condizioni di accesso al mercato Ue dei prodotti importati dai Paesi terzi, che dovranno essere in linea con i nuovi requisiti. Questo aspetto del pacchetto, in particolare, è passato quasi sotto silenzio, nonostante le evidenti conseguenze che avrà sul commercio internazionale e anche, prevedibilmente, sul fenomeno negativo delle delocalizzazioni della produzione europea nelle economie sottoposte a normative ambientali e sociali meno esigenti di quelle dell’Unione.

D’altra parte, c’è anche un aspetto di queste misure che riguarda indirettamente l’impatto economico del conflitto in Ucraina, visto che, secondo la Commissione, il loro potenziale è tale da poter condurre, entro il 2030, a un risparmio energetico equivalente a circa 150 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, quasi il totale delle attuali importazioni di gas dalla Russia.

Oltre alla progettazione eco-compatibile dei prodotti e ai nuovi diritti per i consumatori, il pacchetto prevede anche due più specifiche strategie settoriali, una per il tessile, che ha un enorme impatto sull’ambiente, soprattutto nei Paesi più poveri, e l’altra per i materiali da costruzione, un settore in cui la standardizzazione negli ultimi anni è rimasta particolarmente indietro rispetto alle esigenze di sostenibilità ambientale.

Va sottolineato che il pacchetto, allo stadio attuale, consiste in alcune proposte legislative, ma anche in strategie che non sono ancora concretizzate in decisioni e misure dettagliate. Gli stessi criteri di eco-progettazione dovranno essere definiti più tardi, indicativamente entro il 2024, per ogni singolo prodotto o gruppo di prodotti, attraverso degli atti delegati, decisioni esecutive prese dalla Commissione in comitati a cui partecipano e votano i rappresentanti degli Stati membri.

Diverse organizzazioni ambientaliste e associazioni di consumatori, che hanno generalmente accolto con favore il pacchetto, hanno criticato il fatto che alcune misure non appaiono incisive come sarebbe stato necessario: per esempio, quando la Commissione afferma di voler affrontare questioni come l’obsolescenza programmata o la distruzione dei prodotti invenduti, ma non menziona veri e propri divieti di queste pratiche. Inoltre, le nuove informazioni che i produttori dovranno fornire potranno essere digitali e non stampate sulle etichette dei prodotti (le Ong chiedevano invece un obbligo di etichettatura a livello Ue), e per ora non è previsto un obbligo di pre-approvazione per le rivendicazioni di eco-sostenibilità. Ma ciò che più temono gli ambientalisti è che le proposte vengano annacquate dalle pressioni delle lobby durante il processo co-legislativo fra il Consiglio e il parlamento europeo.

Ecodesign

La proposta di un nuovo regolamento sull’Ecodesign (quello finora esistente riguardava solo l’efficienza energetica di alcuni prodotti specifici, in particolare gli elettrodomestici) definisce dei requisiti di sostenibilità per una riduzione complessiva dell’impronta ambientale e climatica dei prodotti, che dovranno essere più durevoli, affidabili, riutilizzabili, aggiornabili, riparabili, più facili da mantenere, rinnovare e riciclare, ed efficienti sotto il profilo energetico e delle risorse.

Verrà introdotto l’obbligo di un “passaporto digitale” per tutti i prodotti regolati, che consentirà la tracciabilità delle sostanze utilizzate lungo la catena di approvvigionamento e faciliterà la riparazione o il riciclaggio. La proposta contiene anche misure contro la distruzione dei beni di consumo invenduti. Inoltre, sono previste ulteriori misure per accrescere il potenziale degli appalti pubblici “verdi” negli Stati membri, e per incentivare i prodotti sostenibili, per esempio attraverso agevolazioni fiscali per il riciclaggio e la riparazione.

Gli atti delegati, mediante i quali verranno definiti i requisiti specifici di ecoprogettazione, regolamenteranno i prodotti a partire da quelli a più alto impatto ambientale, come pneumatici, prodotti tessili, pitture e vernici, mobili. 

A questo nuovo regolamento, verrà affiancata, come misura complementare, una modifica delle norme specifiche già esistenti per l’Ecodesign e l’Ecolabel, relativi al consumo energetico, per coprire alcuni nuovi prodotti elettronici (smartphone, tablet, pannelli solari), e per aggiornare le norme per quelli già regolamentati, minimizzandone il flusso di rifiuti, oggi in rapida crescita.

Tessile

La nuova strategia settoriale per la sostenibilità e la circolarità del settore tessile mira a colmare una lacuna importante nelle politiche ambientali comunitarie, che non avevano dato finora, a questi prodotti, la rilevanza che meritano per l’inquinamento che producono e le risorse che utilizzano. La Commissione stima che il consumo europeo, in questo settore, è al quarto posto come impatto negativo sull’ambiente e sul cambiamento climatico, al terzo posto per il consumo di acqua e di terra, e al quinto per l’uso di materie prime. 

Questo impatto – sottolinea uno studio del parlamento europeo – si fa sentire soprattutto nei Paesi terzi, poiché la maggior parte della produzione avviene all’estero. La produzione di materie prime, la loro filatura in fibre, la tessitura e la tintura richiedono enormi quantità di acqua e sostanze chimiche, compresi i pesticidi per la coltivazione di materie prime come il cotone. Si stima che la produzione tessile sia responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile, e che il lavaggio di capi sintetici rilasci ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari.

La proposta della Commissione include la definizione dei requisiti di Ecodesign, informazioni più chiare per i consumatori, un regime di responsabilità estesa per i produttori e il passaporto digitale per i prodotti. Le misure mirano a rendere, entro il 2030, i prodotti tessili più durevoli, riparabili, riutilizzabili, riciclabili, e privi di sostanze pericolose, minimizzando i rifiuti tessili e la distruzione dei prodotti invenduti. Un altro obiettivo, non meno importante, è quello di garantire che la produzione in questo settore avvenga nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori.

La Commissione invita le imprese tessili “a ridurre il numero di collezioni per anno, ad assumersi le proprie responsabilità e ad agire per ridurre al minimo l’impronta ambientale e di carbonio”, mentre gli Stati membri vengono esortati ad adottare misure fiscali favorevoli per le attività del riutilizzo e della riparazione. In questo modo “i consumatori beneficeranno più a lungo di prodotti tessili di alta qualità”. Nel mirino c’è la cosiddetta fast fashion (“moda rapida”), che secondo l’esecutivo Ue così “andrà fuori moda”.

Prodotti da costruzione

La seconda strategia settoriale consiste nella revisione di un regolamento già esistente, che riguarda i prodotti da costruzione (cemento, calce, assi di legno, piastrelle, mattoni, lastre, travi, o prodotti di finitura e da ferramenta per porte, finestre, pavimenti ecc.). Si tratta di un settore in cui la standardizzazione negli ultimi anni è rimasta particolarmente indietro rispetto alle esigenze di sostenibilità ambientale. Saranno richiesti nuovi requisiti per garantire che i prodotti siano progettati e fabbricati per essere più durevoli, riparabili, riciclabili e più facili da rifabbricare. I produttori dovranno presentare una dichiarazione di conformità e una di performance in linea con i nuovi requisiti eco-compatibili, in particolare dando preferenza non solo ai materiali riciclabili, ma anche a quelli riciclati (con un contenuto minimo obbligatorio), e dovranno fornire istruzioni chiare per l’uso e, dove applicabile, per la riparazione dei prodotti.

Obsolescenza programmata e greenwashing

Infine, il pacchetto è completato da due proposte: una modifica della direttiva sui diritti dei consumatori e l’inserimento di una nuova serie di pratiche nell’attuale lista nera della direttiva sulle pratiche commerciali sleali vietate. Le modifiche obbligheranno le imprese a informare i consumatori sulla durabilità e la riparabilità dei loro prodotti, sulle condizioni che potrebbero prevedere o determinare una loro eventuale obsolescenza prematura, e sulla veridicità delle rivendicazioni di eco-compatibilità.

I consumatori dovranno essere informati circa la durabilità garantita dei prodotti. Per i dispositivi che consumano energia il venditore dovrà informare i consumatori, anche quando il produttore non fornisce informazioni, sull’esistenza di una garanzia commerciale di durabilità. Il venditore dovrà fornire inoltre l’indice di riparabilità (se applicabile), o altre informazioni su come riparare il prodotto messe a disposizione dal produttore, come la disponibilità di pezzi di ricambio o un manuale di riparazione.

Per i dispositivi elettronici intelligenti e i contenuti e servizi digitali, il consumatore dovrà essere informato dell’eventuale presenza di programmi che interrompono o degradano la funzionalità dopo un determinato periodo di tempo. Il consumatore dovrà essere messo a conoscenza anche dei programmi di aggiornamenti del software forniti dal produttore. Spesso è proprio attraverso il mancato aggiornamento del software che si producono i difetti di funzionamento che rendono il dispositivo prematuramente obsoleto e costringono l’utilizzatore a sostituirlo con un nuovo prodotto. 

I produttori e i venditori decideranno il modo più appropriato per fornire queste informazioni al consumatore, che sia attraverso l’etichettatura sull’imballaggio oppure nella descrizione del prodotto sul sito web. In ogni caso, queste informazioni, che mirano a disincentivare l’obsolescenza programmata, devono essere fornite prima dell’acquisto e in modo chiaro e comprensibile. Secondo la Commissione, con le nuove misure, il consumatore non potrà più essere ingannato riguardo all’impatto ambientale o sociale, la durabilità e la riparabilità dei prodotti, e non sarà più possibile il greenwashing, perché la formulazione di dichiarazioni relativa alle prestazioni ambientali dovrà includere impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili attraverso un sistema di monitoraggio indipendente.

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TagsCommissione europea diritti lavoratori ecodesign ecolabel economia circolare greenwashing Lorenzo Consoli obsolescenza programmata passaporto digitale

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