• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Articoli » Guerre dimenticate: il Fronte polisario contro il Marocco

Guerre dimenticate: il Fronte polisario contro il Marocco

Il premier Sánchez ha mutato la tradizionale linea spagnola di neutralità avvicinandosi alle posizioni di Rabat, con lo scopo di porre fine ai contenziosi con il Paese maghrebino

6 Aprile 2022 Vittorio Bonanni  892

Senza un futuro, sempre più dimenticati e lasciati al loro destino. E illusi da improbabili missioni delle Nazioni Unite e da impegni mai rispettati dalla comunità internazionale. Stiamo parlando dei saharawi, un popolo arabo-berbero presente nell’ex Sahara spagnolo, poi divenuto Sahara occidentale e occupato, fin dal 1976, quasi integralmente dal Marocco, contro il quale si batte, in solitudine, il Fronte polisario di liberazione nazionale (Fpln), fondato il 10 maggio del 1973, con il fine di ottenere l’indipendenza da Rabat. Tra il 1980 e il 1987 è stato costruito dal Marocco un “muro della vergogna”, oltre 2700 chilometri di barriera di pietre e sabbia, protetta con un numero elevatissimo di mine, per impedire al Fpln di penetrare nei territori controllati da Rabat. Nel 1991, la Minurso (Missione Nazioni Unite organizzazione referendum Sahara occidentale) aveva previsto una consultazione, che avrebbe dovuto approvare o respingere l’indipendenza dei saharawi, mai realizzata per il boicottaggio di Rabat.

A renderla ora ancora più improbabile, è arrivata la decisione del primo ministro socialista spagnolo Pedro Sánchez, comunicata al re del Marocco Mohamed VI, di rinunciare alla tradizionale politica di neutralità, da quasi mezzo secolo mantenuta dai vari governi spagnoli, sostenendo, al posto del referendum, la proposta marocchina del 2007, che prevede un’autonomia amministrativa limitata come “la base più seria, realista e credibile – sostiene il Marocco – per risolvere il contenzioso”, la cui mancata soluzione ha determinato una ripresa delle ostilità nel 2020. Immediata la reazione del Fronte polisario, che ha accusato Madrid di “soccombere al ricatto del Marocco”. Ma quali armi ha in mano il Paese nordafricano per indurre la Spagna a più miti consigli sulla questione saharawi? E quali i punti in questione?

In primo luogo, la ritorsione contro Madrid, colpevole di aver ospitato lo scorso maggio, per essere curato, il leader del Polisario, Brahim Gali, affetto da Covid-19. Per tutta risposta, Rabat allentava i controlli intorno alle due enclave spagnole di Ceuta e Melilla, permettendo così a diecimila migranti di entrare in territorio iberico. Il Marocco, alla maniera della Turchia, gestisce a suo piacimento i flussi migratori – anche quelli verso l’arcipelago delle Canarie, zona in cui il Paese di re Mohammed VI ambisce a estendere la propria area d’influenza economica. In cambio del nuovo atteggiamento della Spagna, il regno rinuncerebbe a rivendicare la sovranità sulle due enclave sopra citate, un residuo del colonialismo spagnolo nell’area. Sánchez auspica ci sia“la determinazione per affrontare assieme le sfide comuni, specialmente la cooperazione nella gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo e nell’Atlantico”.

Questa nuova politica spagnola ha permesso il ritorno dell’ambasciatrice del Marocco a Madrid. La nuova linea si avvicina a quella degli Stati Uniti di Trump, che nel 2020 avevano riconosciuto la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale, in cambio della normalizzazione dei rapporti con Israele, linea poi avallata da Biden.Intanto venticinque Paesi hanno aperto consolati nella regione, tra questi la Francia e la Germania. Va ricordato che il 27 febbraio 1976 il Fpln dichiarò la nascita della Repubblica araba saharawi democratica, riconosciuta allora da oltre ottanta Stati, in prevalenza africani, alcuni dei quali, nel tempo, hanno ritirato questo sostegno. Se a questo aggiungiamo la svolta filomarocchina dei principali Paesi occidentali, per i saharawi si mette veramente male.

In questo contesto, se da un lato Sánchez avrebbe (il condizionale è d’obbligo) risolto un problema con Rabat, dall’altro, se ne sono aperti altri due non proprio secondari. Il primo è interno, e riguarda la posizione degli altri partiti spagnoli sul tema. Critici in primo luogo gli alleati di governo di Podemos. La leader del partito di sinistra, Ione Belarra, ha sottolineato che Madrid “non deve discostarsi dal diritto internazionale”, e che il conflitto nel Sahara occidentale richiede “una soluzione politica equa, duratura e accettabile per tutte le parti, in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite, che prevedono l’autodeterminazione del popolo saharawi”. Non mancano dure critiche anche da parte dell’opposizione. Così, sia il Partito popolare, principale forza di destra del Paese che considera il cambio di linea del governo nei confronti della questione saharawi “una temerarietà”, sia i liberali di Ciudadanos, hanno sollecitato il premier a fornire spiegazioni in parlamento sul cambio di posizione dell’esecutivo sul Sahara occidentale.

Il secondo problema riguarda un pericoloso e preoccupante conflitto con l’Algeria, che ha ritirato il proprio ambasciatore a Madrid per consultazioni. Il più grande Paese africano è storico alleato del Fronte polisario, e da decenni ospita a Tindouf, nel sud del Paese, un enorme campo profughi, oltre alla stessa sede del Fpln. La città algerina può essere considerata un po’ la capitale della Repubblica saharawi, visto che quella reale, El Aaiún, è situata nei territori occupati dal Marocco.

All’irritazione di Algeri, Sánchez ha risposto cercando di smorzare la tensione. Un tentativo di mantenere inalterati i rapporti semplicemente perché Madrid importa, dal Paese maghrebino, almeno la metà del fabbisogno energetico di gas. Algeri, comunque, si è impegnata a mantenere questa quota, malgrado la chiusura da novembre scorso del Medgaz, il gasdotto che portava il gas algerino alla Spagna passando per il Marocco, incrementando il trasporto via nave, dal momento che la Spagna dispone di sei rigassificatori, che consentono di trasformazione il gas liquido in gas.

Quali sono le ragioni che spingono il Marocco a impedire, con tutte le proprie forze, la nascita di un nuovo Stato ai propri confini delle dimensioni di circa duecentomila chilometri quadrati, con una popolazione esigua, di circa mezzo milione di abitanti? La risposta è facilmente immaginabile: risorse e commercio. Il Sahara occidentale può vantare il maggiore giacimento di fosfati del pianeta, e il tratto di Atlantico sul quale si affaccia è tra i più pescosi. Inoltre, c’è la necessità per Rabat di mantenere il controllo del commercio: attraverso la Mauritania passano i camion con il pesce pescato dagli spagnoli in quel Paese e, in direzione contraria, capi di bestiame venduti dalla Spagna in diversi Paesi africani. Insomma, la logica è sempre la stessa. È l’economia a dettare, in questo Ventunesimo secolo ancor più, le regole del gioco. Dall’Europa che dice “no” all’embargo sul gas contro la Russia, agli interessi commerciali che impediscono all’Italia di usare il pugno di ferro contro l’Egitto sul caso Regeni, passando per il popolo saharawi, non ci sono diritti umani o autodeterminazione dei popoli che tengano.   

Archiviato inArticoli
TagsAlgeria Fronte polisario Marocco Pedro Sánchez Sahara occidentale saharawi Spagna Vittorio Bonanni

Articolo precedente

Caso Cucchi: dalla Cassazione l’ultima parola

Articolo successivo

La sentenza sulla strage di Bologna: è Bellini il quinto uomo

Vittorio Bonanni

Articoli correlati

Benvenuti a Haiti!

Grecia, a sinistra la fantasia al potere

Il Pd nel solito tran tran

In Israele la sfida dei giovani renitenti alla leva

Dello stesso autore

Benvenuti a Haiti!

Grecia, a sinistra la fantasia al potere

Il Pd nel solito tran tran

In Israele la sfida dei giovani renitenti alla leva

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
L’eterno ritorno dei “taxi del mare”
Agostino Petrillo    26 Settembre 2023
La versione di Giorgio: modernizzazione senza conflitto e senza popolo
Michele Mezza    25 Settembre 2023
I migranti, i 5 Stelle e il Pd
Rino Genovese    22 Settembre 2023
Ultimi articoli
Bologna, una sentenza molto attuale
Stefania Limiti    29 Settembre 2023
Paradossi nelle elezioni americane
Stefano Rizzo    29 Settembre 2023
Benvenuti a Haiti!
Vittorio Bonanni    29 Settembre 2023
“Insufficiente”. Stellantis licenzia a Mirafiori
Paolo Andruccioli    28 Settembre 2023
Meloni ci ripensa, banche in festa
Paolo Barbieri    27 Settembre 2023
Ultime opinioni
Napolitano, il craxiano del Pci
Rino Genovese    25 Settembre 2023
La violenza giovanile maschile
Stefania Tirini    13 Settembre 2023
Per una scissione nel Pd
Nicola Caprioni*    12 Settembre 2023
Dalla democrazia politica alla democrazia delle emozioni
Massimo Ilardi    7 Settembre 2023
Il bagnasciuga di Giorgia Meloni
Giorgio Graffi    4 Settembre 2023
Ultime analisi
Tutti i progetti portano a Roma
Paolo Andruccioli    28 Luglio 2023
Roma riprende la cura del ferro
Paolo Andruccioli    21 Luglio 2023
Ultime recensioni
“Io capitano” di Garrone
Antonio Tricomi    21 Settembre 2023
L’ultima rivoluzione dell’industria
Paolo Andruccioli    20 Settembre 2023
Ultime interviste
Ecco perché a Brandizzo c’è stata una strage
Paolo Andruccioli    4 Settembre 2023
“La pace è un cammino”
Guido Ruotolo    6 Giugno 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Cina Claudio Madricardo covid destra elezioni Emmanuel Macron Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra guerra Ucraina Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA