Siamo a trent’anni da Tangentopoli, ma gridare “al ladro!” è ancora un metodo efficace per squalificare una persona, una organizzazione o un provvedimento legislativo. È quello che sembra stia accadendo sul sistema dei bonus edilizi e dei crediti cedibili, diventati oggetto anche di uno scontro politico fra il governo Draghi e una parte della sua maggioranza, segnatamente il Movimento 5 Stelle e la Lega (quota Salvini, Giorgetti come spesso accade è apparso più in linea con palazzo Chigi).
Il superbonus è una misura estrema di sostegno pubblico all’edilizia in chiave di transizione ecologica: in sostanza, lo Stato, attraverso un sistema di crediti fiscali, si accolla il costo – con una aggiunta del 10% se il beneficio fiscale è erogato direttamente al committente dei lavori – della ristrutturazione di edifici pubblici e privati, a condizione che sia indirizzata al miglioramento dell’efficienza energetica (meno consumi, meno inquinamento). Un superincentivo, pensato come stimolo economico nei mesi più bui della pandemia, ed entrato in vigore il 19 maggio 2020, che è andato a potenziare ed allargare una serie di misure già varate in passato per il sostegno al settore delle costruzioni, e per migliorare l’impronta energetica (e antisismica) del patrimonio immobiliare italiano.
Uno degli argomenti di chi lo critica riguarda l’universalità della misura, che ha consentito ai possessori di ville e magioni di pregio di usufruire degli aiuti fiscali. Critica marginale, talvolta condotta da soggetti che raramente appaiono interessati ai compiti di ridistribuzione della ricchezza che lo Stato si dovrebbe sobbarcare, per esempio in ambito fiscale. Il superbonus è un provvedimento che è servito a rilanciare un settore produttivo, ed è finalizzato a obiettivi di lotta al cambiamento climatico: se ne può discutere l’efficacia, non il risultato in termini di equità sociale, che non è nel suo orizzonte.
Più rilevante è il tema delle truffe. Il governo attuale è intervenuto pesantemente per limitare la durata nel tempo di questo incentivo irrigidendo controlli e procedure, a fronte dell’accertamento di numerose frodi legate ai bonus edilizi in generale. Frodi per un ammontare di 4,4 miliardi di euro “per crediti d’imposta inesistenti di cui agli articoli 119 e seguenti del decreto Rilancio”, come ha spiegato in audizione al Senato il direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini. Lo stesso Ruffini, tuttavia, ha consegnato al parlamento una tabella, nella quale i crediti fiscali che sono stati bloccati vengono ripartiti in base al tipo di bonus utilizzato per compiere le frodi: il primato spetta al bonus facciate (46%), mentre il superbonus risulta impiegato nel 3% dei casi.
Governo dei migliori, scambio di cortesie
Ma allora perché la polemica si è concentrata proprio sul superbonus, che secondo il leghista “draghiano” Giancarlo Giorgetti ha “drogato” il settore, mentre secondo il leader del suo partito, Matteo Salvini, è una misura “efficace”? Quel che è certo è che si tratta di una misura bandiera del governo Conte 2 e quindi del Movimento 5 Stelle: e se il presidente del Consiglio la attacca a pochi giorni dalla conclusione dello scontro in maggioranza sull’elezione del presidente della Repubblica (carica per la quale era considerato favorito alla vigilia), può dare adito alla sensazione che il suo sia un intervento assai più politico che “tecnico”. Durante una conferenza stampa, Mario Draghi ha difeso le restrizioni sul superbonus, ridimensionandone l’importanza e puntando il dito sugli errori del suo predecessore: “L’edilizia ha dato un contributo pari all’1% al totale della crescita che è stato del 6,5%, ma non è che l’edilizia senza superbonus non funziona. Alcuni di quelli che più tuonano oggi su superbonus, sulla necessità che queste frodi non contano, che bisogna andare avanti lo stesso, che l’industria non può aspettare (…), alcuni di loro sono quelli che hanno scritto questa legge, dove è stato possibile fare quello che si è fatto senza controlli”. La replica di Giuseppe Conte gronda di uguale considerazione per il prestigioso interlocutore: “Non ci si può vantare del 6,5% di crescita del Pil l’anno scorso e poi mettere in discussione questa misura cui si deve per la gran parte questo risultato”.
Come funzionano le frodi
Secondo il numero uno dell’Agenzia delle entrate, “la circolazione dei crediti d’imposta – qualora attuata tramite una catena di cessioni particolarmente articolata e simulata con perizia – rende complesso per l’intermediario finanziario valutare, nell’esercizio dell’ordinaria diligenza professionale, la liceità dell’operazione, con il rischio di prendere parte involontariamente a condotte fraudolente, contigue anche al riciclaggio di denaro”. Ma è stato ancora Ruffini a sottolineare come “non tutti gli intermediari finanziari siano stati danneggiati. Molti di essi, infatti, hanno agito proattivamente con dettagliate check list (reperibili sui siti internet istituzionali), al fine di acquisire comunque documentazione volta a verificare la spettanza del credito, a prescindere dal posizionamento della catena di cessione (primo cedente oppure cessionario intermedio), servendosi anche di società di revisione esterne ed evitando in tal modo di acquistare crediti per i quali sono emersi problemi relativi alla normativa antiriciclaggio”. Gli strumenti per evitare le frodi, quindi, sarebbero nelle mani degli operatori di mercato, non tutti evidentemente adeguatamente scrupolosi nelle loro attività. Per limitare ulteriormente il rischio frodi, il governo punta a limitare a due-tre passaggi al massimo (e limitati a operatori finanziari qualificati) le cessioni dei crediti fiscali. A dimostrazione del fatto, parrebbe, che più che una eliminazione degli incentivi serva una messa a punto del meccanismo.
Le dimensioni del giro d’affari
Le spese per lavori edilizi sono passate da circa 26,5 miliardi nel 2020 a circa 53 miliardi di euro nel 2021, secondo la Confederazione nazionale dell’artigianato. È su questa dimensione della partita che lo scontro politico si è inasprito e si è allargato alle rappresentanze delle imprese. Il governo, infatti, è intervenuto sia a monte, conferendo all’Agenzia delle entrate dei poteri di controllo preventivo sulla circolazione di questi crediti, sia a valle, soprattutto con le norme contenute nel decreto Sostegni Ter, appunto in corso di conversione al Senato.
La stretta messa in campo dai tecnici del ministero dell’Economia si concentra soprattutto sui limiti alle cedibilità dei crediti. Un sistema che, come si è visto, è alla radice delle frodi, ma è considerato in modo sostanzialmente unanime anche uno strumento “facilitatore” del boom edilizio. Nel corso delle audizioni a palazzo Madama, è stato ricordato il calo improvviso, quasi un crollo, dei lavori conclusi ammessi a detrazione a gennaio: secondo il “Sole24Ore” 1.563 milioni di euro, 46,2 per cento in meno rispetto ai 2.504 milioni di dicembre 2021. Per Confartigianato “sono a rischio le 127mila assunzioni previste dalle imprese delle costruzioni nel primo trimestre di quest’anno”. A giudizio dell’Ance, l’associazione dei costruttori edili, la stretta alla circolazione dei crediti fiscali “rischia di affondare il settore delle costruzioni”, perché, limitando a una sola cessione dei crediti, “non si scoraggiano le frodi, piuttosto si rallentano, fino a bloccare, le operazioni di acquisto, soprattutto da parte degli operatori finanziari prossimi al raggiungimento della loro capacità di ‘assorbimento’ in compensazione dei crediti stessi”.
Un tema trascurato: la moneta fiscale
Per allargare la riflessione sulle possibili motivazioni di uno scontro così duro, però, può essere utile fare un passo indietro al 2020, quando la misura venne approvata. Una breve analisi intitolata “Il bonus battezza una vera moneta fiscale”, pubblicata allora su “Italia Oggi”, quotidiano finanziario non sospettabile di tendenze antieuropee, evidenziava come “un effetto non previsto del superbonus è la nascita una valuta parallela all’euro. L’agenzia delle entrate ha infatti riconosciuto che il credito d’imposta può essere ceduto dal proprietario dell’immobile, che ne ha maturato il diritto. Di fatto una cartolarizzazione ad ampio raggio che potrebbe dare una bella scossa al sistema economico”.
Se ne parla poco, ma è piuttosto improbabile che i tecnici attualmente in sella a palazzo Chigi e al ministero dell’Economia, così come le istituzioni politiche e finanziarie europee, non siano state sfiorate dal dubbio che il superbonus rappresenti una potenziale via di fuga dalle stringenti maglie della moneta unica e delle regole europee sui conti pubblici. E questo proprio mentre Roma ha accettato, grazie allo stanziamento eccezionale di fondi europei attraverso il Pnrr, di sottoporre alla sorveglianza di Bruxelles una parte così rilevante delle proprie politiche di spesa.