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Pd e 5 Stelle, votati a perdere
Contrariamente ai comunicati di vittoria emessi in serie dal Pd, i risultati elettorali sembrano confermare la storica vignetta con cui Altan commentò la sconfitta con Berlusconi del 2008: poteva andare peggio? No. Certo oggi, volendo trovare appigli a una inevitabile consolazione, non mancano dati da presentare a favore del partito di Letta: Verona, Lodi, la Campania. Ma anche in questi casi la tendenza più generale segnala l’accentuarsi di una lunga gelata che sta essiccando le radici del Pd sul territorio. Prima il centrosinistra era stato emarginato dalle periferie popolari, oggi sembra di vedere un analogo processo di marginalizzazione proprio in quelle aree urbane e metropolitane che erano state il ridotto in cui si era rifugiata la sinistra. E il quadro appare ancora più preoccupante per il fatto che, a mettere sotto il Pd, sia un’alleanza di destra quanto mai raccogliticcia e rissosa, oltre che in larga parte assolutamente impresentabile. Il Pd, inoltre, anche quando riesce a convogliare consensi consistenti – è accaduto al Nord come al Sud –, si trova solo sotto il sole, senza interlocutori o alleati potenziali per estendere il famoso “campo largo”.
I 5 Stelle si squagliano dove esistevano e non attecchiscono più dove non c’erano prima. Sul territorio, l’ondata grillina del 4 marzo del 2018 si è del tutto esaurita, lasciando macerie. Chi li conosce li evita, e chi non li conosce non è più incuriosito da un’armata Brancaleone che, pateticamente, fa il verso al vecchio movimento anti-elitario dai vetri oscurati delle automobili blu di servizio con cui vengono scarrozzati ministri e assessori.