
“Lavorare meno”: si riparte dalla Spagna
“Se otto ore vi sembran poche” è il famoso titolo di un canto di lavoro italiano, composto nei primi anni del Ventesimo secolo da un autore rimasto anonimo, ma che forse si potrebbe scovare tra qualche musicista amico o amica dei socialisti del vercellese, zona di elezione delle risaie, delle mondine e delle loro proteste novecentesche. Nata come canzone di una lotta locale, ebbe il destino di diventare un testo simbolo a cui fare riferimento nei momenti di maggiore conflitto del movimento operaio. Una canzone che fu adottata dalle lotte sindacali e dalle battaglie politiche socialiste e comuniste, e che echeggiava perfino la rivoluzione russa, ma che, più tardi, venne rilanciata anche dai movimenti del ’68 e del ’77. “Se otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorare”.
Riprendendo questi echi lontani, sembrerebbe di parlare di epoche geologiche antichissime e di problemi ormai superati, messi definitivamente nelle teche della memoria. In fondo oggi, con l’avvento dell’automazione e dell’intelligenza artificiale, si lavora sempre meno e quella soglia delle otto ore giornaliere (dalle dodici precedenti) è ormai stata ampiamente abbattuta. Considerando l’attuale frammentazione e la complessità di mercati del lavoro che si sovrappongono con lo sviluppo impetuoso dell’individualizzazione dei rapporti con le aziende, quel mondo delle mondine e degli operai di fabbrica appare lontano. Ma davvero i problemi sono superati? Davvero il processo di riduzione dell’orario (a parità di salario) e quindi della progressiva “liberazione del lavoro” è andato avanti?
Trump e il Medio Oriente
Il viaggio nel Golfo del presidente statunitense Donald Trump, che ha inizio oggi, potrebbe cambiare gli equilibri in Medio Oriente e riservare a Israele una posizione più defilata. Dopo alcune indiscrezioni sul nervosismo americano nei confronti dello Stato ebraico, e di Netanyahu soprattutto, gli sviluppi internazionali delle ultime ore sembrano rappresentare un effettivo cambio di passo.
Nulla di nuovo in Albania
Non cambia nulla nell’Albania di Edi Rama che, dopo il voto di domenica 11 maggio, si riconferma primo ministro della piccola repubblica balcanica, recentemente al centro dell’attenzione per l’accordo con l’Italia sui migranti (vedi qui) tra uno stop e un via libera della magistratura italiana. L’ex sindaco di Tirana – alla guida del Paese dal 2013, quindi al quarto mandato consecutivo, un record – si è riaffermato grazie al successo del suo Partito socialista, con il 52,9% dei consensi e 83 seggi, contro il Partito democratico dell’anziano leader di destra, Sali Berisha, che ha conseguito il 34,1% e 52 seggi. Il resto dei 140 sarà distribuito tra il Partito socialdemocratico (vicino a Rama) e il nuovo partito Mundësia, fondato da Agron Shehaj, imprenditore e deputato del centrodestra, un tempo nella formazione di Berisha; mentre, alla fine dei conteggi, un seggio potrebbe andare anche all’ex leader del centrodestra Lulzim Basha, altra novità della politica albanese, o a Lëvizja Bashkë (Movimento Insieme) del docente universitario Arlind Qori.
Trasformare la crisi climatica in opportunità
Secondo l’ex primo ministro britannico, Tony Blair, una transizione energetica, basata sulla eliminazione dei combustibili fossili a breve termine e sulla riduzione dei consumi, sarebbe “destinata a fallire”, e dunque è necessario resettare quelle strategie ambientali da lui definite “irrazionali”. La domanda di combustibili fossili è in crescita: il traffico aereo raddoppierà nei prossimi vent’anni, e l’urbanizzazione farà aumentare la domanda di acciaio del 40% e quella di cemento del 50%. Sono questi i “fatti scomodi” con cui bisogna fare i conti: una citazione – a rovescio – della “verità scomoda”, titolo del celebre manifesto ambientalista di Al Gore. La soluzione, secondo Blair, sarebbe da cercare nell’innovazione tecnologica, soprattutto per quanto riguarda la cattura di anidride carbonica, verso la quale andrebbero indirizzati ricerca e finanziamenti. (Blair è al momento consulente del governo saudita, grande produttore di petrolio).



