Che sarebbe stata una giornata storica, lo aveva detto chiaramente la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, durante il dibattito nella plenaria di Bruxelles, prima del voto con cui, il 10 aprile, il parlamento europeo ha approvato i dieci testi legislativi, nove regolamenti e una direttiva, del Patto Ue su asilo e immigrazione. “La storia ci guarda, gli elettori ci guardano. Se il voto sul Patto fallisce, falliremo tutti”, aveva affermato Johansson, ricorrendo poi alla metafora della finale di un torneo calcistico: “Siamo in finale, tutto è in gioco. È il momento di agire insieme come una squadra e segnare per l’Europa. Potremmo dover aspettare anni prima di essere di nuovo in finale, se mai succederà ancora. Abbiamo questa sola opportunità, e dobbiamo coglierla”.
Le votazioni sul pacchetto immigrazione e asilo del parlamento europeo sono arrivate dopo un accordo politico con il Consiglio Ue il 20 dicembre scorso, pesantemente condizionato dalle posizioni “prendere o lasciare” degli Stati membri, che hanno concesso molto poco agli eurodeputati. I negoziati sono durati otto anni (le prime proposte legislative, poi modificate, erano state presentate dalla Commissione precedente, nel 2016). Nel 2018, gli Stati membri si erano rifiutati di negoziare un primo pacchetto che il parlamento europeo aveva approvato nel 2018. L’attuale Commissione aveva proposto il nuovo Patto nel settembre 2020, e ci sono volute ben quarantaquattro sedute negoziali (“triloghi”) tra i co-legislatori durante l’attuale mandato.
Il 10 aprile, con dieci votazioni successive, sono passati tutti i nove regolamenti e la direttiva che costituiscono il Patto. Il voto è andato meglio del previsto: i dieci diversi testi legislativi erano stati negoziati in una logica “di pacchetto”, prima tra il parlamento europeo e il Consiglio Ue. Si temeva che almeno per i due regolamenti più condizionati dai governi (quello sulle nuove procedure per l’asilo e quello sulla risposta alle situazioni di crisi), i contrari potessero superare i favorevoli. In questo caso, aveva avvertito la commissaria agli Affari interni, il pacchetto sarebbe stato bloccato: “È una decisione su tutto o niente: tutte le misure devono passare, o non passerà nessuna misura”. I due regolamenti più controversi sono stati messi in votazione per primi, e sono passati rispettivamente con soli 32 e 29 voti di scarto.
Verdi, sinistra radicale (The Left), il Movimento 5 Stelle, il gruppo di estrema destra Identità e democrazia (con dentro la Lega), avevano dichiarato che avrebbero votato contro la gran parte dei testi, e anche il gruppo dei conservatori (con Fratelli d’Italia) aveva manifestato l’intenzione di appoggiare solo alcune delle misure. A favore di tutto il pacchetto erano, in generale, i tre gruppi maggiori, Partito popolare europeo (con Forza Italia), Socialisti e democratici (S&D) e i liberali di Renew. Nel gruppo S&D, tuttavia, gli italiani del Pd avevano annunciato il loro voto contrario su sei delle dieci misure.
Al primo voto, riguardante il regolamento “Apr” sulla procedura comune per l’asilo nell’Unione (relatrice Fabienne Keller, Renew), si sono espressi a favore 301 eurodeputati contro 269 e 51 astenuti (tra loro, quelli di Fratelli d’Italia), con il voto contrario, con motivazioni opposte, di Lega e Pd. Il regolamento introduce una nuova procedura per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale, un trattamento più rapido delle domande di asilo alle frontiere, con scadenze più brevi per le domande giudicate infondate o inammissibili. In questo regolamento sono particolarmente controversi tre punti: l’introduzione delle “procedure speciali alle frontiere” accelerate; il concetto di “Paese terzo sicuro”, in cui potranno essere rinviati i migranti se hanno un legame con quei Paesi (per esempio una precedente residenza, anche solo temporanea durante il transito); e la “finzione giuridica del non ingresso”.
Le procedure di frontiera accelerate (da completare entro dodici settimane) riguarderanno tutti i migranti provenienti da Paesi terzi, con tassi di riconoscimento del diritto d’asilo nell’Unione inferiori al 20%, le persone (compresi i minori e le famiglie con minori) che si presume presentino un rischio per la sicurezza, e coloro che hanno tentato di ingannare le autorità, per esempio mentendo sulla propria identità o sul Paese di provenienza. Anche i migranti soccorsi in mare potranno essere immessi nella procedura accelerata, che si applicherà fino a una soglia massima di trentamila arrivi, da rinnovare periodicamente, in tutta l’Unione. Oltre la soglia continueranno a essere applicate le procedure attuali.
I migranti sotto procedura accelerata saranno rigorosamente registrati e trattenuti in centri di accoglienza (in realtà centri di detenzione) in prossimità delle frontiere esterne. Non avranno il diritto di entrare nel territorio dello Stato membro responsabile dell’esame della richiesta d’asilo (è qui la “finzione giuridica”), a meno che la richiesta venga accolta. Le persone a cui sarà stato rifiutato l’asilo potranno restare ancora altri tre mesi nei centri, in attesa di essere rinviate nel Paese di provenienza o in un “Paese terzo sicuro”, secondo le procedure previste in un altro regolamento del pacchetto, quello sulla procedura per “il rimpatrio alle frontiere”.
Alla seconda votazione è stato approvato il regolamento sulle “situazioni di crisi e di forza maggiore” (relatore Juan Fernando López Aguilar, S&D), che istituisce un meccanismo di risposta agli aumenti improvvisi degli arrivi di migranti irregolari, e che è passato con 301 voti favorevoli, 272 contrari e 46 astensioni (il Pd ha votato contro, mentre Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti). In questo regolamento i punti controversi riguardano, in particolare, la possibilità degli Stati membri di sospendere i normali diritti dei richiedenti asilo quando viene dichiarato lo stato di crisi, l’innalzamento della soglia dal 20% al 50% per il tasso di riconoscimento del diritto d’asilo dei Paesi di provenienza dei migranti sottoposti alla procedura accelerata, e l’ambiguità del concetto di “strumentalizzazione” dei migranti (che si teme che possa essere usato contro le Ong, anche se il testo teoricamente dovrebbe escluderlo). Per strumentalizzazione si intende l’invio orchestrato di migranti alle frontiere esterne dell’Unione da parte di Paesi terzi, o attori non statali ostili, con l’obiettivo di destabilizzare gli Stati membri (come cercò di fare la Bielorussia, nel 2021, alla frontiera polacca). Inoltre, non è passata la posizione del parlamento europeo che chiedeva di rendere obbligatorio il meccanismo di ridistribuzione (“ricollocamento”) dei migranti dai Paesi più esposti ai flussi agli altri Stati membri. I ricollocamenti resteranno volontari.
Alla terza votazione è stato approvato il regolamento “Ramm” sulla gestione della migrazione e dell’asilo (relatore Tomas Tobé, Ppe), con 322 voti a favore, 266 contrari e 31 astenuti (la Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro, il Pd a favore). Il regolamento prevede un “meccanismo di solidarietà”, con un numero annuale di almeno trentamila richiedenti asilo ricollocati negli Stati membri per alleggerire le pressioni migratorie nei Paesi più esposti. Questi ricollocamenti saranno fatti sotto il controllo di un coordinatore per l’Unione, una figura che non esisteva finora. Gli Stati membri, tuttavia, potranno non accettare i ricollocamenti loro assegnati: in questo caso dovranno fornire un contributo finanziario, proporzionale al proprio Pil e alla popolazione, oppure un “sostegno operativo” (che potrà comprendere il rafforzamento delle frontiere e il supporto a Paesi terzi, nell’ambito degli accordi di partenariato). I contributi finanziari alimenteranno una “riserva annuale di solidarietà” pari ad almeno seicento milioni di euro. Sarà la Commissione a presentare ogni anno, entro il 15 ottobre, le proposte per l’anno successivo, con l’individuazione dei Paesi più esposti, che potranno usufruire dei finanziamenti e dei ricollocamenti.
Il quarto regolamento votato dal parlamento europeo istituisce una procedura per il “rimpatrio alle frontiere” per i migranti a cui, a seguito della procedura accelerata, è stata respinta la richiesta di asilo o di protezione internazionale. Il migrante, in questo caso, non è autorizzato a entrare nel territorio dello Stato membro che ne ha esaminato la domanda, e deve essere rimpatriato. Il regolamento (relatrice ancora Fabienne Keller, Renew) è stato approvato con 329 voti favorevoli, 253 contrari e 40 astensioni (Lega e Fratelli d’Italia hanno votato a favore, il Pd contro).
Con la quinta votazione, il parlamento ha approvato il regolamento “screening”, che dispone accertamenti preliminari sulle persone alle frontiere dell’Unione, da concludere entro sette giorni, comprendenti l’identificazione, la raccolta dei dati biometrici e controlli sanitari e di sicurezza. Gli Stati membri dovranno istituire meccanismi di controllo indipendenti per garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone sottoposte allo screening. Il regolamento (relatrice Birgit Sippel S&D), è stato approvato con 366 voti favorevoli, 229 contrari e 26 astensioni (Fratelli d’Italia ha votato a favore, Lega e Pd contro).
La sesta votazione ha riguardato il nuovo regolamento sul sistema centralizzato di informazioni sui casellari giudiziali per i cittadini dei Paesi terzi (relatrice sempre Birgit Sippel). Il regolamento è passato con 414 voti favorevoli, 182 contrari e 29 astensioni (Lega e Fratelli d’Italia favorevoli, Pd contrario).
Con il settimo voto è stato approvato il regolamento sulla raccolta dei dati per le persone che entrano irregolarmente nell’Unione. I dati sulle impronte digitali e il riconoscimento facciale degli individui sopra i sei anni saranno memorizzati nella banca dati Eurodac aggiornata. Le autorità potranno anche segnalare gli individui aggressivi, armati o che reputano rappresentino una minaccia alla sicurezza. Il regolamento (presentato dal relatore Jorge Buxadé Villalba, gruppo dei conservatori) è stato approvato con 404 voti favorevoli, 202 contrari e 16 astensioni (anche qui Fratelli d’Italia e Lega favorevoli, Pd contrario).
Le ultime tre votazioni riguardavano misure proposte non nel 2020 con il Patto su migrazione a asilo, ma otto anni fa, nel 2016, con la precedente proposta di riforma della politica migratoria, che si era arenata alla fine della scorsa legislatura. Per tutte e tre le misure, il Pd ha votato sempre a favore e Lega e Fratelli d’Italia sempre contro. Si tratta di un regolamento sul nuovo quadro per il “reinsediamento” volontario da parte degli Stati membri nel loro territorio di rifugiati riconosciuti dall’Onu e provenienti da Paesi terzi (approvato con 452 voti favorevoli, 154 contrari e 14 astensioni), di un altro regolamento che stabilisce regole comuni sul riconoscimento dello status di rifugiato, o di persona che gode di protezione sussidiaria, e sui diritti applicabili a queste persone (approvato con 340 voti favorevoli, 249 contrari e 34 astensioni), e infine di una direttiva sull’accoglienza dei richiedenti asilo.
La direttiva (relatrice Sophia in’t Veld, Renew) definisce gli standard di accoglienza dei richiedenti asilo che gli Stati membri dovranno garantire per quanto riguarda alloggio, istruzione, assistenza sanitaria, accesso alle misure di integrazione e al mercato del lavoro. I richiedenti asilo registrati potranno iniziare a lavorare al più tardi entro sei mesi dalla data di presentazione della domanda. Approvata con 398 voti favorevoli, 162 contrari e 60 astensioni, la direttiva fissa anche le regole per mantenere in stato di detenzione i richiedenti asilo durante l’esame della domanda, e quelle per limitare la loro libertà di circolazione nell’Unione, in modo da disincentivare gli spostamenti in altri Stati membri. Ma è stata proprio Sophia in’t Veld, da molti anni in prima linea nelle battaglie per i diritti civili, a fornire un’argomentazione convincente a sostegno del voto favorevole al Patto, pur criticando molti suoi punti negativi: con i nuovi equilibri nel prossimo parlamento europeo, e con il previsto, sensibile rafforzamento delle destre alle elezioni di giugno, non ci si potrebbe certo attendere un pacchetto legislativo migliore nella prossima legislatura.
Una volta approvate formalmente anche dal Consiglio Ue (il voto finale è previsto il 29 aprile), tutte le nuove normative entreranno in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e dovranno essere applicate (o recepite nel caso della direttiva) entro due anni. La vera sfida ora sarà quella dell’attuazione, considerata la loro grande complessità, e vista la contrarietà di diversi Stati membri (a cominciare da Ungheria e Polonia) al meccanismo di solidarietà, con la scelta tra ricollocamenti e contributi finanziari.