“Giorgia Meloni ha già fallito, non vuole governare, ma comandare. Ora abbiamo noi la responsabilità di costruire un’alternativa credibile e vincente”. Il messaggio lanciato, sabato 11 novembre, dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, dal palco di piazza del Popolo, è stato forte e perfino ottimista, visto che ha dato per scontato l’avvio di una nuova fase politica. Noi non sappiamo se la segretaria abbia ragione, fino a che punto sia corretta la sua analisi sul cambio di passo dell’opposizione. O se si tratti solo di un auspicio, di un invito a non perdere la speranza. Sappiamo però che, in un’Italia che va a destra, prima di tornare a vincere, per imboccare davvero una strada nuova, è necessario prima di tutto “convincere”, a partire da coloro che non appoggiano l’operato del governo più a destra della storia del dopoguerra, ma si sentono impotenti. Dialogare poi con tutti quei lavoratori e cittadini che hanno votato per Meloni e Salvini contro i loro stessi interessi (come si vede in modo eclatante per le scelte sulle pensioni e il mancato sostegno ai redditi e ai giovani), e che oggi magari qualche dubbio cominciano ad averlo. E poi è necessario convincere soprattutto chi non vota più, perché pensa che non esista nessuna possibilità di cambiare.
“Oggi in piazza non portiamo formule”, ha detto Elly Schlein nel corso di un intervento dissonante rispetto ai moduli comunicativi ai quali siamo stati abituati dal ventennio berlusconiano televisivo. La segretaria del Pd, infatti, ha scelto di parlare di contenuti prima che con slogan o metafore. Una scelta molto rischiosa di fronte alla piazza, che, per definizione e natura, si aspetta invettive e frasi da comizio per spellarsi le mani. Invece buona parte del suo discorso è stata dedicata all’analisi puntuale e meticolosa di una manovra di politica economica che fa acqua da tutte le parti e si basa, ancora una volta, sull’aumento del debito e sui condoni. Una manovra per il 2024 che non solo è ingiusta e aumenta le diseguaglianze, ma è soprattutto sbagliata “perché frena il Paese”, “una manovra senza futuro”. Non c’è uno straccio di politica industriale. Non ci sono proposte e idee sulla rivoluzione in corso dell’intelligenza artificiale, né sulle soluzioni alla crisi climatica e alla distruzione dell’ambiente e di quel pianeta che non è nostro, ma caso mai “ci è stato dato in prestito”.
Palese è anche il carattere antipopolare della manovra che aumenta la precarietà e lo sfruttamento, le discriminazioni contro le donne, contro i migranti, le persone Lgbtq+. Insomma, diritti civili e diritti sociali che devono essere rivendicati contemporaneamente, superando la storica divisione e le storiche priorità della politica. Usando un’immagine efficace, la segretaria del Pd ha detto che le persone non hanno mai un problema per volta, e per questo le battaglie per i diritti sociali e quella per i diritti civili devono essere condotte in sintonia e di pari passo. Una rottura di continuità rispetto a una certa cultura politica del Pd, partito che è nato e cresciuto rifacendosi al modello dei democratici americani. Non è stato un caso che i dirigenti dem abbiano sempre valorizzato le esperienze kennediane a scapito delle storie socialiste, lasciate prudentemente in disparte. Per non apparire all’opinione pubblica come i cugini di Stalin, i democratici italiani hanno valorizzato le marce per i diritti civili, ma non il conflitto sociale, come si è visto negli anni recenti anche nello scontro tra i segretari del partito e i segretari della Cgil. E come si è visto con le politiche renziane (ma l’ex sindaco di Firenze non è stato solo) che hanno indebolito il lavoro. Con Elly Schlein – che ha già preso posizione a favore dello sciopero generale della Cgil e della Uil contro gli attacchi di Salvini – questa contrapposizione potrebbe essere superata o comunque spostata in avanti. E non era neppure scontata l’autocritica rispetto alle scelte del centrosinistra (e del Pd) sul lavoro, ma anche sull’immigrazione, dato che c’era stata l’occasione per abolire la legge Bossi-Fini, ma è stata scelta la strada della continuità che ora conduce direttamente in Albania.
Alcuni commentatori (Carmelo Lopapa su “Repubblica”, per esempio), leggono l’intervento della segretaria del Pd come un invito a scegliere da che parte stare: chi sta dalla parte dei diritti, del salario minimo, dei pensionati, della difesa della Costituzione, e chi invece sceglie di stare dalla parte di quelle partite Iva che evadono, dei datori di lavoro che sfruttano il lavoro precario, di chi commette piccoli e grandi abusi edilizi. Ma basterà questo per tornare a vincere? Battersi e denunciare i disastri di questa destra delle diseguaglianze non basterà per costruire una valida alternativa di governo, scrive sempre Lopapa. Per quella servono idee, proposte, progetti e sogni per i milioni che hanno perso ogni speranza. E noi aggiungiamo che oggi non bastano più neppure i sogni e i grandi progetti, perché il distacco dalla politica si basa quasi sempre sulla rabbia sociale di chi si sente tradito. A volte l’Italia sembra ancora quel Paese di combattenti e reduci che rivendicava premi per la guerra combattuta e invece si è sentita (e si sente) abbandonata dallo Stato. Una delle caratteristiche sociali che come sappiamo favorì l’ascesa del fascismo negli anni Venti e che non era stata capita (salvo qualche eccezione) dagli antifascisti.
Per questo, oggi il compito di Elly Schlein è molto difficile, una scommessa complessa. Si tratta di convincere i piccoli evasori che sarebbe meglio pagarle, le tasse, per continuare ad alimentare le casse di uno Stato che sia ancora in grado di fornire i servizi essenziali. Convincere le fasce più deboli della popolazione, quelle che non arrivano alla fine del mese e sono oggettivamente povere (pur lavorando), che è meglio unirsi per lottare contro gli sfruttatori piuttosto che prendersela con gli immigrati. Si tratta di convincere le persone a rivendicare un’alimentazione sana senza doversi indebitare nei negozi “alternativi”. Convincere i lavoratori e le lavoratrici a battersi contro l’esproprio della conoscenza per mano degli algoritmi, e convincere le tante donne che si fanno carico della cura della famiglia e spesso dei parenti anziani o disabili che è meglio non votare più una donna che aumenta il prezzo dei pannoloni e dei pannolini e taglia le pensioni delle donne, e anche quelle dei medici.
Si tratta di convincere il cittadino ad avere pazienza per un giorno se non riesce a godere dei trasporti a causa dello sciopero, anche se poi quegli stessi trasporti nei giorni normali non è che ti portino in paradiso. Si tratta di convincere tutti quelli che aspettano l’uomo forte (una categoria asessuata) che sarebbe meglio per il futuro di tutti difendere un sistema basato sulla divisione dei poteri e sulla libertà di espressione. Un grande compito per la segretaria del Pd, che deve ribaltare quella narrazione che identifica (e sovrappone) chi difende i diritti con i radical chic che non hanno nulla da perdere. Un’impresa molto complicata per una giovane dirigente. Ma lei tutto questo lo sa bene, visto che ha qualche difficoltà perfino in famiglia a convincere il suo stesso padre all’idea di “due popoli, due Stati” come unica strada possibile per uscire dall’inferno.