Copia e incolla. Crediamo che non ci sia termine migliore per confrontare la situazione in Moldavia – ex piccola repubblica dell’Urss, circa due milioni e mezzo di abitanti e trentatremila chilometri quadrati di superficie, confinante con la Romania, con la quale condivide la lingua – e quella in Ucraina, sia pure con le differenze tra i desiderata delle due popolazioni. A Chişinău e dintorni, infatti, è in atto un conflitto interno pericolosamente simile a quello scoppiato a Kiev, ma a parti invertite. Da settimane la popolazione scende in piazza, stufa di condizioni di vita insostenibili – la Moldavia è il Paese più povero del vecchio continente –, chiedendo sussidi statali per pagare le bollette, elezioni anticipate, oltre che la neutralità sulla guerra in Ucraina. Il Movimento per il popolo, una formazione che riunisce diverse sigle, è tra i promotori della rivolta. All’interno, è presente il partito filo-russo Sor, il cui presidente è l’oligarca Ilan Shor, uomo d’affari coinvolto in scandali finanziari, figlio di ebrei moldavi (è nato a Tel Aviv) emigrati in Israele alla fine degli anni Settanta per poi tornare in patria negli anni Novanta. In particolare, il rischio che la Moldavia diventi un’altra Ucraina è ben presente tra i manifestanti e gli organizzatori, che non vogliono essere vittime delle smanie filo-europeiste del governo che, al pari di quanto successo a Kiev, potrebbero attirare un’altra invasione russa. “Chiediamo che venga osservata la neutralità, com’è scritto nella Costituzione – ha detto Vadim Fotescu, parlamentare di Sor –, in modo che il nostro Paese non sia trascinato in operazioni di guerra”.
La Moldavia ha avuto per anni dei presidenti filo-russi. Prima dell’attuale europeista, Maia Sandu, l’inquilino del “Palazzo di vetro”, come viene chiamato il domicilio del capo dello Stato, era Igor Dodon, inizialmente fautore di una politica di mediazione tra Bruxelles e Mosca per diventare poi apertamente filo-russo. La svolta dell’esecutivo filo-europeo era stata sostenuta dalla popolazione. Un consenso venuto meno per la crisi energetica, causata dalla mancata fornitura di gas russo, e la guerra, che hanno drasticamente abbassato il già modesto potere d’acquisto dei salari. Per fare un esempio, una bolletta della luce o del gas equivale a una mensilità di una pensione minima. Tutto questo peggiorato da un’inflazione che viaggia intorno al 27%.
Gli osservatori occidentali sostengono che Mosca avrebbe abbassato ad arte l’esportazione di gas verso la piccola repubblica per destabilizzare il governo. Per Anatolie Nosatii, ministro della Difesa, “si può parlare di guerra ibrida, che si manifesta attraverso la disinformazione, le fake news, che si riflettono nelle tensioni all’interno della nostra società, generate dalla Russia per cambiare l’ordine politico, destabilizzare la situazione e rovesciare il potere statale”. A gettare benzina sul fuoco, appunto come successo in Ucraina, è la questione Nato: “L’adesione all’Alleanza Atlantica – continua Nosatii – è prima di tutto una questione politica, sulla quale ci sono molte discussioni. Per noi la priorità è avere una cooperazione con la Nato, e nell’ultimo anno siamo riusciti ad approfondirla”. Intenzioni che rendono ancora più impopolare un esecutivo che, a oltre due anni dal suo insediamento, ha visto abbassare il proprio consenso al 25%, anche perché entrare il prima possibile in Europa e nella Nato non è tra le principali preoccupazioni della popolazione moldava. Il Cremlino respinge le accuse, sostenendo invece che Zelensky avrebbe più volte ipotizzato un’invasione russa della Transnistria, per giustificare un proprio attacco nell’area.
La crisi che ha investito la presidenza Sandu, sostenuta dal Partito d’azione e solidarietà, è costata il posto lo scorso febbraio alla premier Natalia Gavrilița, prontamente sostituita dall’economista Dorin Recean, già consulente presidenziale per questioni di difesa e sicurezza. Un’altra figura legata a Sandu, che non ha cambiato dunque l’aspirazione europeista dell’attuale classe politica moldava. L’Europa ha già aiutato la Moldavia nella revisione dei suoi sistemi di difesa informatica, ma alla piccola repubblica servono risorse importanti per fare fronte ai 108mila rifugiati provenienti dall’Ucraina, di cui quasi la metà sono bambini, pari al 4% della popolazione moldava. Mentre la Romania ha chiesto all’Unione europea una missione di monitoraggio.
L’altissima tensione che sta vivendo la popolazione moldava si aggiunge a una criticità impressionante sul fronte demografico, che viene da lontano. Se oggi, nel Paese, vivono 2,6 milioni di abitanti, nel 1990 erano presenti 4.335.360 persone. Un drastico calo del 40%, superiore addirittura a quello risalente agli anni della carestia durante lo stalinismo. “Non si è mai visto negli ultimi duecento anni: nessuna guerra, carestia o occupazione ha prodotto un tale disastro demografico. Né i turchi né i russi, né i comunisti né i fascisti sono riusciti a creare una tale catastrofe demografica”, afferma Vasile Ernu, scrittore romeno nato a Odessa e cresciuto in Moldavia, citato dall’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (Obct). E ancora: “Lo spopolamento si può osservare a occhio nudo a soli cinquanta km dalla capitale Chișinău, dove si attraversano villaggi deserti, con poche finestre illuminate di notte, fattorie fatiscenti, scuole lasciate in rovina, tetti rotti, porte divelte”, osserva Vitalie Ciobanu, giornalista moldavo e direttore della rivista letteraria “Contrafort”, anch’esso intervistato dal citato think tank che si occupa dell’area euroasiatica.
I fantasmi di guerra che aleggiano intorno al Paese non possono che favorire una ulteriore fuga verso Occidente. A preoccupare i moldavi c’è poi la spina nel fianco della Transnistria, repubblica secessionista filo-russa, che per la Moldavia rappresenta ciò che il Donbass è per l’Ucraina. Dopo un conflitto armato con Chişinău, nel 1992, questa striscia di terra che confina con l’Ucraina diventava di fatto autonoma, anche se non riconosciuta dalla comunità internazionale. Sostenuta dalla Russia tra la fine del secolo scorso e l’inizio dell’attuale, la Transnistria è diventata un preoccupante crocevia di tutti i traffici illeciti del pianeta – armi, droga, contrabbando di petrolio – oltre che punto di riferimento per la mafia russa e gruppi terroristici vari. Attualmente sono già presenti circa mille soldati russi, e secondo quanto comunicato alla presidente Sandu, dal capo di Stato ucraino Zelensky, la Russia avrebbe intenzione di provocare una crisi ad arte per occupare un territorio di fatto già suo.
Diversa ovviamente la versione fornita da Mosca: “Secondo le informazioni disponibili, nel prossimo futuro il regime di Kiev sta preparando una provocazione armata contro la Repubblica Moldava transnistriana – ha dichiarato il ministero della Difesa russo su Telegram – che sarà condotta dalle forze armate ucraine, anche con il coinvolgimento della formazione Azov”. Insomma, in quello che sembra essere un vero e proprio ginepraio, emerge un quadro molto chiaro e semplice, in cui invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia.