• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Articoli » Bitcoin, la sciagurata scelta del Salvador

Bitcoin, la sciagurata scelta del Salvador

L’introduzione della criptovaluta come moneta corrente, rifiutata dagli utenti, peggiora la situazione economica del Paese e mette in difficoltà il “tecnocaudillo” Bukele

14 Febbraio 2022 Vittorio Bonanni  563

Ci mancavano solo i bitcoin. Non bastavano i tanti guai che el pulgarcido d’America, “il pollicino d’America” – come viene chiamato El Salvador, il più piccolo Paese latinoamericano – ha dovuto passare nel corso degli ultimi decenni. Dittature, guerre, povertà, violenze di ogni tipo. Da cinque mesi a questa parte, è arrivata anche la moneta virtuale a mettere in difficoltà la fragile economia della patria di Oscar Romero. Il bitcoin, che vale circa 38.000 euro, ovviamente utilizzabile anche in percentuali minime, è divenuta infatti, il 7 settembre scorso, caso unico nel mondo, la moneta corrente del Salvador potenzialmente utilizzabile da tutti insieme al dollaro, quest’ultimo subentrato vent’anni fa al colon, in precedenza valuta nazionale.

La brillante idea è stata dell’esuberante e originale presidente Nayib Bukele. Quarantenne di origine palestinese– uomo d’affari, abbigliamento casual, già sindaco di Nuevo Cuscatlan e di San Salvador con i colori del partito di sinistra Fronte Farabundo Martí per la liberazione nazionale (Fmln) – è stato eletto capo dello Stato nel 2019, con il sostegno di Gana (Grande alleanza per l’unità nazionale), organizzazione di centro nata da una scissione del partito di estrema destra Arena (Alleanza repubblicana nazionalista).

Fin dall’inizio, la decisione di utilizzare le criptovalute non aveva convinto i cittadini, costretti a misurarsi con una novità assoluta in ambito monetario, difficile da capire e da gestire nella vita di tutti i giorni. A cominciare dalla necessità di scaricare sullo smartphone Chivo, il wallet ufficiale fornito dal governo: strumento che non tutti sono in grado di maneggiare in una popolazione tecnologicamente poco alfabetizzata.

All’inizio erano arrivati i commenti positivi della comunità crypto che aveva previsto un maggiore accesso dei salvadoregni ai servizi bancari e finanziari.  Ma nel corso di questi mesi le cose sono andate diversamente. In primo luogo, la decisione di affiancare al dollaro una valuta virtuale rischia di vanificare i vantaggi derivati dall’introduzione della moneta a stelle e strisce. Quella pur discutibile decisione, che legava ancor più l’economia salvadoregna a quella dello Zio Sam, aveva però garantito una stabilità importante per il Paese. Su consiglio dell’economista Steve Hanke, Manuel Hinds, allora ministro delle Finanze del governo di destra ed ex esponente della Banca mondiale, prese la stessa decisione dell’Ecuador nel 2000,quando il Paese andino aveva sostituito la moneta nazionale – sucre appunto – con il dollaro per combattere l’inflazione.

Nei due decenni successivi El Salvador è riuscito a contenere l’inflazione media al 2,03%, a stabilizzare i tassi di interesse al 7%, con un andamento dell’economia migliore di quello degli altri Paesi dell’area. Malgrado questo quadro stabile, ecco arrivare la decisione di Bukele, che cambia completamente le carte in tavola richiedendo a tutti i commercianti e alle banche di accettare bitcoin per il pagamento di consumatori o aziende che dir si voglia.

Diverse le ragioni che hanno indotto il presidente a prendere una decisione così azzardata. La convinzione che l’adozione dei bitcoin avrebbe permesso l’accesso ai servizi finanziari di quel 70% di salvadoregni che non hanno conti in banca. E poi l’abbassamento delle commissioni che gravano sulle rimesse economiche di chi vive all’estero, le quali rappresentano un quarto del Pil del Paese latinoamericano. Secondo Bukele, distribuire bitcoin avrebbe permesso di mettere più soldi nelle tasche della popolazione per il drastico abbassamento delle tasse.

Ma in realtà le commissioni relative al trasferimento di denaro in Salvador sono tra le più basse del mondo, solo il 2,8%. Dunque Bukele ha mentito. E non basta. Aziende e consumatori non vogliono il bitcoin. A poco è servita l’idea di attirare gli utenti offrendo trenta dollari in bitcoin a chi si fosse iscritto all’app del governo. Chi li ha ottenuti ha preferito scambiarli con i dollari cancellandola, e facendo capire di non condividere questa decisione, ben lontana dalle abitudini dei salvadoregni, ma potremmo dire tranquillamente della popolazione mondiale.

Una distanza confermata dalla Central American University, secondo la quale nove salvadoregni su dieci non sapevano cosa fosse il bitcoin, e otto su dieci non si fidavano di esso. Inoltre la gente non poteva scambiare i propri bitcoin con i contanti perché l’app spesso non riusciva a connettersi ai pochi bancomat presenti sul territorio.  

Ad aumentare le difficoltà è arrivato, poi, il monito del Fondo monetario internazionale che ha fortemente criticato questa scelta, chiedendo al governo salvadoregno di tornare sui suoi passi. Decisione che sarebbe obbligata visto che il Paese, fortemente indebitato, ha bisogno di un prestito di un miliardo di dollari proprio dal Fmi o, in alternativa, dalla Banca mondiale, che sarebbe però condizionato all’abbandono del bitcoin.

Non contento, lo scorso novembre Bukele aveva annunciato la costruzione di una “Bitcoin City” nel golfo di Fonseca, il cui fine era addirittura di speculare sulla criptovaluta. Con il conseguente crollo del valore delle obbligazioni sovrane e aumento del debito sovrano, ora tra i più alti al mondo. Non mancano poi i risvolti di carattere penale. Com’è noto l’uso delle criptovalute, a causa delle difficoltà di controllo da parte delle autorità, facilita il riciclaggio di denaro sporco. Un reato chiamato “crypto-crime” che aiuta le attività di organizzazioni criminali di ogni genere, quali le transazioni legate alla criminalità comune e di stampo mafioso, fino ai gruppi terroristici. Una sorta di tecnologizzazione della finanza illegale.

Possiamo dunque immaginare come, in un Paese in cui mafia e corruzione la fanno da padrone, l’uso della moneta virtuale sia stato accolto da festeggiamenti e strette di mano, queste non tanto virtuali e molto diffuse, con la politica. La quale, da tempo, è costretta, o vuole, scendere a patti con chi provoca ogni giorno decine di vittime. Non poteva mancare, in questo contesto, un elemento di geopolitica. El Salvador ha recentemente intensificato le relazioni con la Cina, divenuta per molti Paesi del continente un’alternativa alla secolare ingerenza statunitense. Ma Washington non ha ovviamente gradito, e immediatamente ha comminato sanzioni – attività preferita dalla Casa Bianca contro chiunque leda i propri interessi – a svantaggio di alcuni funzionari locali salvadoregni.

L’uso della criptovaluta è dunque per Bukele un tentativo di annullare l’effetto delle sanzioni e di emanciparsi dallo strapotere statunitense, che di fatto considera El Salvador una propria colonia. Ma le modalità utilizzate dal “tecnocaudillo” rischiano di trascinarlo in un baratro, e con lui un Paese che non riesce a uscire da un vero e proprio incubo tutt’altro che virtuale.

Archiviato inArticoli
Tagsbitcoin criptovaluta finanza Nayib Bukele Salvador Vittorio Bonanni

Articolo precedente

Le proposte governative sui magistrati: peste suina al palazzo di giustizia

Articolo successivo

La crisi dei 5 Stelle e il salvataggio di Conte

Vittorio Bonanni

Articoli correlati

Meloni e Saïed uniti nella lotta

Scontri in Kosovo, le responsabilità del premier Kurti

In Spagna sconfitta della sinistra alle amministrative

Vince il Sultano

Dello stesso autore

Meloni e Saïed uniti nella lotta

Scontri in Kosovo, le responsabilità del premier Kurti

In Spagna sconfitta della sinistra alle amministrative

Vince il Sultano

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
Pnrr, si profila uno stile polacco
Luca Baiada    8 Giugno 2023
Corte dei conti, la tracotanza del governo
Stefania Limiti    6 Giugno 2023
Emilia-Romagna, la catastrofe annunciata
Massimo Serafini    5 Giugno 2023
Ultimi articoli
L’Europa non vuole sentire parlare di pace
Giorgio Graffi    9 Giugno 2023
Brasile, Lula si barcamena
Claudio Madricardo    8 Giugno 2023
Affitti brevi: Nardella controcorrente
Agostino Petrillo    7 Giugno 2023
Scontri in Kosovo, le responsabilità del premier Kurti
Vittorio Bonanni    7 Giugno 2023
Visco e la gabbia della “moderazione salariale”
Paolo Barbieri    1 Giugno 2023
Ultime opinioni
La crisi culturale della scuola italiana
Stefania Tirini    7 Giugno 2023
Il significato di una parata militare
Rino Genovese    5 Giugno 2023
Come usare l’eredità di don Milani
Michele Mezza    5 Giugno 2023
Le condizioni per la pace
Rino Genovese    29 Maggio 2023
La destra all’attacco della cultura
Michele Mezza    15 Maggio 2023
Ultime analisi
Città da riprogettare. Roma, il caso di Porta Maggiore
Paolo Andruccioli    6 Giugno 2023
Il cantiere eterno di Roma: soldi e misteri
Paolo Andruccioli    1 Giugno 2023
Ultime recensioni
Il ritorno di Moretti
Rino Genovese    22 Maggio 2023
Europa del Nord e socialdemocrazie: un passato senza futuro?
Claudio Bazzocchi    17 Aprile 2023
Ultime interviste
“La pace è un cammino”
Guido Ruotolo    6 Giugno 2023
“Il governo Meloni illude i lavoratori”
Paolo Andruccioli    2 Maggio 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Cina Claudio Madricardo covid destra elezioni Emmanuel Macron Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia Sandro De Toni sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA