Se abitate a Roma, lo scorso 26 novembre avrete per forza sentito il boato assordante delle pattuglie acrobatiche, nove aerei italiani otto francesi, sfrecciate in cielo subito dopo la firma del Trattato del Quirinale. Era metà mattina, roba da grandi eventi che ha lasciato con il naso in su parecchi osservatori, tutti ignari, fino a poche ore prima che le diplomazie dei due Paesi stavano trovando il modo per incrociare i propri destini, rendendo stringenti i vincoli di collaborazione su difesa, confini, spazio, Tav ed energia: un’alleanza rafforzata che prevede pure un vertice intergovernativo con cadenza annuale e la partecipazione di un membro del governo di un Paese al Consiglio dei ministri dell’altro, almeno una volta ogni tre mesi. Accidenti ma non siamo in Europa, a cosa serve? È solo un trattato di buon vicinato, cioè nulla?
Cosa prevede il Trattato del Quirinale
Dopo un lungo preambolo – sull’obiettivo di un’Europa democratica, unita e sovrana nel rispetto dei valori dell’Unione e del principio di solidarietà – il Trattato elenca dodici articoli e una parallela tabella di marcia, cioè un programma di lavoro che rende operativi gli accordi. Sarà noioso, ma di seguito in sintesi il contenuto:
Affari esteri. Rafforzare la lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, alle violazioni dei diritti umani, inclusa la tratta degli esseri umani, così come la lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Difendere una riforma ambiziosa dell’Organizzazione mondiale della sanità; sostenere la leadership europea nella riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio; consolidare la cooperazione per la stabilità del Mediterraneo, dell’Africa, del Medio Oriente e nell’area dell’Indo-pacifico. Rafforzare il coordinamento delle rispettive reti diplomatiche, attraverso l’intensificazione delle consultazioni.
Sicurezza e difesa. Principio di mutua assistenza in caso di aggressione armata sui rispettivi territori, in virtù dei trattati Nato e Ue; rilancio del Consiglio italo-francese di difesa e sicurezza con i ministri degli Esteri e della Difesa; nuova cooperazione tra i rispettivi gruppi aeronavali.
Spazio. Rafforzare la strategia spaziale europea e consolidare la competitività e l’integrazione dell’industria spaziale dei due Paesi. Per l’accesso allo spazio i due paesi sostengono il principio di una preferenza europea attraverso l’evoluzione e l’utilizzo coordinato dei lanciatori istituzionali Ariane e Vega; sostegno alla base europea di lancio di Kourou, in Guyana francese.
Affari europei. Promuovere la cittadinanza europea; favorire la costituzione di liste transnazionali per le elezioni europee; consultazioni regolari tra le rispettive articolazioni di governo competenti e tra le rispettive rappresentanze permanenti a Bruxelles, con l’obiettivo di concordare posizioni comuni.
Politiche migratorie. Preservare la libera circolazione in Europa, rafforzando l’integrità dello spazio Schengen e migliorando il suo funzionamento e la sua governance; impegno a lavorare insieme per una riforma in profondità della politica migratoria e d’asilo europea, basata sui principi di responsabilità e di solidarietà. Promuovere i partenariati strategici con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori. I ministeri degli Affari esteri e dell’Interno istituiscono un meccanismo di concertazione rafforzata, con riunioni periodiche su asilo e migrazioni.
Cooperazione economica, industriale e digitale. Creazione di un forum annuale per un dialogo regolare sulle politiche macro-economiche e industriali e per avvicinare i tessuti economici dei due Paesi, in particolare in settori strategici come le infrastrutture cloud, le batterie elettriche, l’industria farmaceutica o i semiconduttori. Sostegno a iniziative di cooperazione transfrontaliera e transnazionale tra le rispettive aree protette, italiane e francesi; obiettivo di rendere il Mediterraneo un mare pulito e sostenibile; promozione del rispetto dell’Accordo di Parigi. Programmi di finanziamento di progetti innovatori, a sostegno delle start-up e delle Pmi, anche grazie alla firma di un accordo tra la Cassa depositi italiana e la Bpi francese.
Giovani, istruzione e Università. Servizio civile comune, a partire dal 2022, per centocinquanta giovani che faranno volontariato incrociato nei due Paesi; creazione di un consiglio italo-francese della gioventù; sviluppo dell’Esabac che consente agli studenti liceali di ottenere il baccalauréat francese e la maturità italiana: tutte le accademie in Francia avranno almeno una sezione dedicata entro il 2025; favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti; creazione di un forum biennale con i ministri dell’Istruzione superiore e gli attori del mondo universitario.
Cultura. Rafforzamento degli scambi tra le industrie culturali e cooperazione rafforzata in favore della protezione del patrimonio; sostegno alla traduzione italo-francese per favorire gli scambi letterari; valutazione di modalità per la creazione di un grand tour contemporaneo che permetta la circolazione di artisti europei nei due Paesi, appoggiandosi in particolare sull’Istituto franco-tedesco di Palermo, sui rispettivi Istituti di Cultura e su Villa Medici.
Cooperazione transfrontaliera e di polizia. Migliorare i collegamenti, in particolare proseguire il coordinamento sul completamento dell’opera Torino-Lione, con l’obiettivo di raggiungere la piena operatività del tunnel e delle sue tratte di accesso e nella gestione del tunnel del Fréjus e del Monte Bianco; conferma della brigata mista di polizia delle frontiere e creazione di un’unità operativa congiunta.
Non è roba di buon vicinato
Come si può vedere, il Trattato interviene in tutti i settori della vita pubblica rafforzando le infrastrutture giuridiche della cooperazione. Lo hanno firmato le tre cariche istituzionali più importanti dei due Paesi, immortalate in una foto nella quale si tengono per mano Emmanuel Macron, Sergio Mattarella e Mario Draghi – le prime due in scadenza, Macron alla prova di un difficile esito elettorale, inseguito da Éric Zemmour e Marine Le Pen, la seconda difficilmente rinnovabile, la terza non si sa ma autorevole per il futuro. Se escludiamo che sia solo un trattato di buon vicinato, in pratica siamo già buoni vicini, soprattutto perché siamo in Europa insieme, e mettiamo in conto la segretezza totale con cui sono avvenuti il “parto” e la “gestazione”, tutta nelle mani della presidenza del Consiglio al riparo dagli sguardi del parlamento e degli stessi ministeri interessati – questo è trapelato con evidenza dalla stampa –, il Trattato del Quirinale si profila come una sorta di avvertimento per una Germania che guarda al futuro senza più Angela Merkel, sempre più europeizzata, unificata, e sempre più lontana dalle colpe del passato, con una nuova leadership che non vuole tradire l’egemonia che il proprio Paese ha svolto in questi anni – rendendo l’Europa meno solidale e incapace di stare sulla scena internazionale.
Il Trattato del 26 novembre è una sorta di avviso ai naviganti, in sostanza una carta per dire all’Europa: noi veniamo prima. E vale la pena chiedersi se era davvero inevitabile firmare un accordo bilaterale così stringente per la vita pubblica – in pratica le decisioni dei rispettivi governi, anche prima di ogni vertice europeo, devono essere sottoposte a consultazioni continue – in una Europa in cui l’Italia e le altre nazioni avrebbero semmai l’interesse opposto, quello di depotenziare il trattato franco-tedesco che guida l’Europa dal 1963, ed evitare gli appetiti dei tedeschi per una germanizzazione dell’Europa.
Inoltre, cosa ne sarà di tutto questo spirito di fratellanza quando si tratta di scegliere azioni in Medioriente o nell’Africa sub-sahariana? Noi lì navighiamo a vista, e con il cappello in mano in cerca di commesse, la Francia lì ha i suoi piani dopo aver fatto fuori brutalmente Gheddafi – distruggendo i nostri interessi in Libia –, è alleata con Haftar insieme con Egitto, Turchia e le truppe mercenarie russe; l’asse franco-egiziano si muove insieme con Israele e i suoi nuovi alleati del Golfo: l’Italia andrà a rimorchio della Francia? Vedremo nel prossimo futuro gli effetti di questo Trattato che, per il momento, sembra aver dimenticato soprattutto il senso dell’Europa. A noi i francesi non hanno promesso manco uno straccio di carta sui segreti di Ustica. Se li tengono per loro. Ma siamo fratelli, anzi cugini.