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Il governo fuori dal seminato sul caso Cospito

“Azioni del genere non ci intimidiranno. Lo Stato non scende a patti con chi minaccia, tantomeno se l’obiettivo è far allentare il regime detentivo più duro per i responsabili di atti di terrorismo”. Netto, il governo Meloni sulla vicenda di Alfredo Cospito, detenuto al 41/bis per una serie di attentati. Ricordate il caso Moro? Lo Stato non poteva e non doveva trattare con le Brigate rosse. Per non legittimare il terrorismo. Tutti sappiamo com’è andata a finire, con il povero Moro trucidato dai terroristi assassini. Ecco, oggi il governo Meloni sembra voler evocare quella terribile stagione per non cedere a una richiesta di attenuazione del regime carcerario. Rispondendo così alla “piazza” anarco-insurrezionalista che ha messo in campo una offensiva violenta, con attentati alle sedi diplomatiche italiane in Grecia, Germania e Spagna. E, nelle ultime ore, ha provocato incidenti con le forze di polizia a Roma, in piazza Trilussa (quarantuno anarchici denunciati), fatte esplodere due molotov (sabato notte) al commissariato di polizia del Prenestino, incendiato auto della polizia a Milano e della sede TIM di via Val di Lanzo a Roma.

Non è in discussione la certezza della pena. Alfredo Cospito è un anarco-insurrezionalista della Fai (Federazione anarchica informale), autore di diversi attentati, per i quali sta scontando la pena in carcere. È giusto che sia così. Ma non è questa la materia del contendere. Riassumiamo l’oggetto della disputa proponendo due sole questioni. La prima: è giusto che Alfredo Cospito sia detenuto al 41/bis, cioè al regime carcerario duro? La seconda: pur non avendo commesso omicidi, Cospito rischia l’ergastolo in quanto autore di un attentato alla Scuola allievi carabinieri di Fossano che, per la Cassazione, va perseguito come “strage politica”. La procura generale di Torino ha chiesto la pena dell’ergastolo, e il processo è sospeso in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.