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Dalla parte delle Sardine
Le Sardine, con le loro piazze affollate, sono state una delle non molte cose positive a cui abbiamo assistito in Italia negli ultimi anni. Purtroppo sono state ricacciate indietro dalla pandemia. Nel novembre 2019, quando il virus probabilmente già circolava in Lombardia, mi è capitato di ritrovarmici in mezzo nella metropolitana milanese (erano di ritorno da una manifestazione) e ho avuto un immediato moto di simpatia nei loro confronti, dicendomi: “Beh, per fortuna non tutta Milano si riduce al rito dell’apericena”. Ciò che mi piaceva, e mi piace ancora, è il loro deciso accento antisovranista: qualcosa in cui fino a un anno fa non era più facilissimo imbattersi neppure a sinistra, sebbene oggi, dopo l’assegnazione dei fondi europei, la situazione stia cambiando. Ma i movimenti, compresi quelli neppure troppo radicali ma della cittadinanza attiva, hanno bisogno degli assembramenti come dell’aria per respirare. Se togliete loro la piazza, che ne è del conflitto – ideale o politico, o tutt’e due le cose insieme – che sarebbero capaci di innescare? Si sarebbe mai potuto immaginare un movimento giovanile e studentesco, come quello che ci fu nel 1968 e dintorni, nel pieno di una pandemia? E i cortei interni degli operai di Mirafiori, per non parlare degli scioperi sia ordinari sia “a gatto selvaggio”? Ve le vedete le assemblee tra operai e studenti via Zoom?