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Aspettando i risultati elettorali

Sono tanti gli indecisi in questa tornata amministrativa. E chissà se gli scandali che hanno travolto, nell’ultima settimana di campagna elettorale, la Lega e Fratelli d’Italia, avranno ripercussioni negli orientamenti di voto. Sono ore vissute al cardiopalma dai candidati, in attesa dei risultati ufficiali delle elezioni che coinvolgono dodici milioni di italiani. In gioco sono i sindaci delle grandi città (Roma, Milano, Napoli, Trieste, Torino e Bologna) e il presidente e il Consiglio regionale della Calabria.

Il web, e i sondaggi, ci hanno abituato a diffidare del mondo che pretendono di rappresentare. Molti elettori non sanno chi votare o addirittura se andare a votare. A Roma, per esempio, se scegliere l’ex ministro del Pd Roberto Gualtieri o Carlo Calenda con la sua “lista civica”, sostenuto anche da Italia viva e dai radicali. Anche gli elettori del centrodestra potrebbero essere attratti da Calenda, il che ha convinto i sondaggisti a essere cauti su chi sfiderà al ballottaggio il candidato della destra Michetti, se Gualtieri o Calenda, appunto. Mentre la sindaca uscente, Virginia Raggi, 5 Stelle, pare raccogliere più voti di quanti sembravano decretarne una sicura sconfitta.

La “bestia” ferita

Ancora pochi giorni di campagna elettorale, e lunedì prossimo sapremo chi avrà vinto nelle grandi città (Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna), in attesa di eventuali ballottaggi, e alla Regione Calabria. È un buon test elettorale, a pochi mesi dalla fine del semestre bianco e da un chiarimento politico in parlamento. La Lega appare ormai come una grande balena arpionata che affanna per liberarsi dalle lame taglienti e tornare a solcare i mari della politica da vincitrice. Non è certo un buon periodo, per Matteo Salvini e il Carroccio. Dentro il partito c’è aria di crisi, di scontro politico e di potere. Fuori, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni rastrella reduci e transfughi dalla Lega e da Forza Italia. Colpisce la “bestia” ferita a morte. La “bestia” era la funesta macchina da guerra (mediatica) inventata da Salvini e dal suo collaboratore Luca Morisi, finito all’angolo per una storia di droga.

Soffre Salvini, che nell’ultima campagna elettorale per le regionali si presentò al Pilastro di Bologna citofonando a un inquilino di una palazzina, per chiedere se fosse quella casa un luogo di spaccio di droga. È vero che i “tifosi” non sanno guardare, valutare l’imprevisto che dovrebbe sconvolgere certezze e distruggere miti. Chi ama perdona, sembra dire Salvini, rivolto a Morisi. E i militanti della Lega oggi non sanno se perdonare il loro leader.