• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Articoli » Caso Cucchi, quando l’omertà non vince

Caso Cucchi, quando l’omertà non vince

Condannati altri due carabinieri (ma incombe la prescrizione)

22 Luglio 2022 Stefania Limiti  733

Il gong della prescrizione sarebbe suonato alla mezzanotte, ma una pazzesca corsa contro il tempo ha impedito che scattasse la tagliola: la corte di appello di Roma, ieri 21 luglio, ha condannato per falso – a tre anni e sei mesi il maresciallo Roberto Mandolini, e a due anni e quattro mesi il carabiniere Francesco Tedesco – nell’ambito del processo di appello bis sul pestaggio di Stefano Cucchi, il giovane geometra romano morto per le botte ricevute durante un fermo di polizia. Il rischio dell’impunità però non è del tutto dissolto: i difensori dei due carabinieri potrebbero ricorrere in Cassazione, e se i giudici ammetteranno l’impugnazione scatterebbe la prescrizione. In caso contrario, gli effetti della prescrizione saranno nulli.

“Voglio esprimere grande gratitudine al procuratore generale Roberto Cavallone e ai magistrati Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino e Giovanni Musarò, che hanno avuto il coraggio di riprendere in mano le fila di una vicenda processuale che era del tutto sbagliata e hanno avuto l’onestà intellettuale e la competenza per portarla avanti – ha detto Fabio Anselmo, combattivo legale della famiglia Cucchi –, da soli non avremmo fatto nulla. Abbiamo dato il nostro contributo: per me questo è un momento emozionante”. In merito alla imminente prescrizione, “faccio il mio in bocca al lupo al ricorso per Cassazione che Mandolini farà, e se questo verrà ritenuto ammissibile godrà della prescrizione. Quello che per noi è importante è che gli venga tolta la divisa, lui non dove portare quella divisa”, ha sottolineato Anselmo con parole chiare che vanno sposate pienamente: chi commette reati così odiosi non può essere riammesso dentro i corpi delle forze di sicurezza che dovrebbero difendere tutti noi. 

La sentenza di ieri è un importante tassello della battaglia giudiziaria della famiglia Cucchi che è riuscita a inchiodare, il 4 aprile scorso (vedi qui), i militari dell’Arma Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale: sono loro gli autori materiali del pestaggio del trentenne avvenuto il 15 ottobre del 2009 nella caserma Casilina, dove era stato portato dopo il fermo per possesso di sostanze stupefacenti. Il pestaggio, precisano i giudici, è la “causa primigenia” di una serie di “fattori sopravvenuti”, tra i quali le “negligenti omissioni dei sanitari”, che hanno causato la morte di Cucchi che morì dopo una settimana dall’arresto, mentre era ricoverato all’ospedale Pertini. Per “coprire” il crimine dei colleghi, Mandolini, superiore di Tedesco, che pur consapevole ha avallato, ha falsamente attestato, nel verbale di arresto, la rinuncia da parte del giovane romano alla nomina del difensore di fiducia. Entrambi poi hanno “soprattutto omesso di menzionare quanto realmente accaduto durante il tentativo fallito di effettuare i rilievi fotosegnaletici” a Cucchi, in particolare tacendo sulla “partecipazione del Di Bernardo e del D’Alessandro alle operazioni di arresto” – scrivono i giudici, mettendo una parola definitiva su questo caso tragico, che ha fatto interrogare l’Italia sui metodi dell’Arma. 

La tenacia della famiglia Cucchi ha potuto contare sulla collaborazione di uomini interni all’apparato della Benemerita – pensiamo al ruolo chiave e al coraggio di Riccardo Casamassima – che hanno scelto la verità, contribuendo allo svolgimento di un’inchiesta lunga e faticosa che, questa volta, non ha lasciato le vittime, e noi tutti, in un limbo di incertezze. La conclusione della storia giudiziaria per la morte di Stefano Cucchi ci solleva, mentre ricordiamo: il compleanno di Federico Aldrovandi, pestato a morte (furono condannati quattro poliziotti, Monica Segatto, Enzo Pontani, Paolo Forlani e Luca Pollastri a tre anni e sei mesi per omicidio colposo per eccesso di mezzi di contenimento, tutti rientrati in servizio nel febbraio del 2014); l’assassinio, impunito dopo ventuno anni, di Serena Mollicone, vista entrare nella caserma di Arce, assolti pochi giorni fa il maresciallo Franco Mottola, suo figlio Marco e la moglie Anna Maria “per non aver commesso il fatto”, come il vicemaresciallo Vincenzo Quatrale (concorso esterno) e l’appuntato Francesco Suprano (favoreggiamento) “perché il fatto non sussiste”; i poliziotti del depistaggio Borsellino, condannati di recente, ma prescritti (vedi qui) perché non è stata riconosciuta per la loro azione l’aggravante di mafia – una incomprensibile alchimia giudiziaria. 

Ebbene, la battaglia della famiglia Cucchi è un esempio di azione civile che riesce a fare luce dentro i meandri dei corpi di sicurezza, che spesso si nascondono dietro le divise per coprire e autotutelarsi. 

Archiviato inArticoli
TagsCarabinieri caso Cucchi condanne Francesco Tedesco prescrizione Roberto Mandolini sentenza Stefania Limiti Stefano Cucchi

Articolo precedente

L’America latina del cambiamento progressista

Articolo successivo

Dal Partito democratico al Partito draghiano

Stefania Limiti

Seguimi

Articoli correlati

Pacchetto (in)sicurezza, una stretta sui diritti

Una controriforma traumatica

Bologna, una sentenza molto attuale

Caso Santanchè. Incredibile che sia ancora lì

Dello stesso autore

Pacchetto (in)sicurezza, una stretta sui diritti

Una controriforma traumatica

Bologna, una sentenza molto attuale

Caso Santanchè. Incredibile che sia ancora lì

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
Il governo Meloni allergico al conflitto
Paolo Andruccioli    28 Novembre 2023
Educazione all’affettività nelle scuole? Una retorica da bar
Stefania Tirini    24 Novembre 2023
Miserie del populismo di sinistra
Rino Genovese    23 Novembre 2023
Ultimi articoli
A sinistra niente di nuovo
Vittorio Bonanni    28 Novembre 2023
Dalla scissione della Linke un nuovo partito populista in Germania?
Agostino Petrillo    23 Novembre 2023
Liberia, il passaggio di Weah all’avversario
Luciano Ardesi    22 Novembre 2023
Milei, una batosta per il peronismo
Claudio Madricardo    21 Novembre 2023
Madrid e Lisbona: sinistra a due velocità
Vittorio Bonanni    21 Novembre 2023
Ultime opinioni
Lettera sul femminicidio
Lorenzo Cillario    27 Novembre 2023
Franco Prodi, un negazionista all’attacco del papa
Enzo Scandurra    22 Novembre 2023
La campanella suona a Campi Bisenzio
Stefania Tirini e Alessia Bruno*    10 Novembre 2023
Ancora su stragi mafiose e dintorni
Guido Ruotolo    10 Novembre 2023
Intorno alle stragi di mafia degli anni Novanta
Guido Ruotolo    8 Novembre 2023
Ultime analisi
Antisemitismo tra i giovani di sinistra?
Giorgio Graffi    27 Novembre 2023
Il laboratorio olandese ripropone lo slogan “socialismo o barbarie”
Michele Mezza    24 Novembre 2023
Ultime recensioni
Ken Loach contro l’oscenità della speranza
Rossella Lamina    27 Novembre 2023
A proposito di una mostra su Italo Calvino
Michele Mezza    6 Novembre 2023
Ultime interviste
La Terra ha gli anni contati. Serve una Costituzione mondiale
Paolo Andruccioli    5 Ottobre 2023
Ecco perché a Brandizzo c’è stata una strage
Paolo Andruccioli    4 Settembre 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Claudio Madricardo covid destra elezioni Elly Schlein Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra guerra Ucraina Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Matteo Salvini Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA