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Israele e Gaza, una narrazione coloniale
Si susseguono drammatiche le notizie, in queste ore, dalla Palestina occupata, dopo lo sgombero di alcune famiglie ad opera dei coloni a Sheikh Jarrah e l’irruzione manu militari nella moschea di al-Aqsa. Si possono seguire attraverso le corrispondenze che Michele Giorgio, storico inviato del manifesto, continua a mandare. Oppure sfogliando l’Avvenire. Ma in generale l’informazione ha dato il peggio di sé in questo frangente. Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina, lo ha denunciato con forza; così Vincenzo Vita, ancora sul manifesto, che nota come non solo i media classici ma anche l’universo deisocial si stia adeguando. Numerosi utenti di Facebook o di Instagram, infatti, hanno denunciato la cancellazione di contenuti e account riferiti alle violenze dei coloni e dell’esercito a Sheikh Jarrah, o alla pubblicazione di foto sull’uccisione del giovane Said.
In Italia il panorama è quello di una grigia subordinazione culturale e politica all’influenza dell’ambasciata israeliana, mentre finanche il Washington Post, avamposto del sionismo Usa, si interroga sull’eccessiva mano libera lasciata agli israeliani, in questi anni, da parte delle amministrazioni statunitensi, chiedendo se non sia giunto il tempo di un cambio di passo – lo ha segnalato, a Radio Rai3, lo storico inviato del Messaggero Eric Salerno. Siamo abbastanza abituati a questo andazzo, in effetti. Al racconto dei fatti si sostituisce in modo prepotente – con una evidente manipolazione della realtà – la narrazione coloniale.