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Riaperture, ripresa e resilienza

Riaperture in vista, insomma, con acquisto di consenso nei settori imprenditoriali coinvolti. Intanto si insiste sui successi delle vaccinazioni, sul traguardo di un’immunità che...

Il Grillo “MiTE” e la crisi dei 5 Stelle

Per quanto possa sembrare incredibile, nel mese di marzo 2021 non è del tutto insensato chiedersi cos'è, com'è fatto e dove va il Movimento...

Governo, scarso rigore sulla pandemia

Un anno fa, con il lockdown nazionale, venivano messe in atto per la prima volta in un paese europeo alcune strette misure di contenimento di un’epidemia. È vero, nessuno si sarebbe aspettato una cosa del genere in tali proporzioni (a parte pochi esperti, considerati però da tutti come delle cassandre), il sistema sanitario fu colto del tutto impreparato (mancavano, in maniera drammatica, i dispositivi di protezione non solo per i comuni cittadini ma anche per il personale medico e infermieristico). In Lombardia, epicentro della crisi, gli anziani morivano come mosche e nelle televisioni scorrevano le immagini delle colonne di mezzi militari che portavano via le bare. Dinanzi a un simile spettacolo fu possibile assumere, con un largo consenso, dei provvedimenti sotto certi aspetti perfino eccessivi nella mancanza di qualsiasi diversificazione territoriale: perché – se l’emergenza riguardava le regioni del nord – le stesse identiche restrizioni dovevano valere anche in Basilicata, dove i contagi erano scarsissimi?

Poco importa, il significato assolutamente nuovo di quella vicenda si riassume così: per la prima volta, in regime neoliberale, gran parte delle attività economiche fu interrotta, la produzione e il consumo, quindi la valorizzazione del capitale, non vennero più messi al primo posto e valore prevalente fu considerata la difesa della salute dei cittadini, seguendo in questo, del resto, il dettato costituzionale.

Perché Figliuolo

E guerra sia. La lotta contro il virus fa un salto di qualità con l’arrivo del nuovo commissario straordinario, il Generale di Corpo d'Armata Francesco Paolo Figliuolo. Originario di Potenza, Figliuolo, grande esperto di logistica, pluridecorato, raccoglie stima trasversalmente, tanto che il suo nome ha fatto parte di una rosa per un incarico al vertice quando era ministro della Difesa la pentastellata Elisabetta Trenta. Le bassezze della politica italiana hanno provato da subito ad inquadrare la decisione presa dal duo Draghi-Gabrielli come una sconfitta dell’ex commissario Arcuri, rivendicando alla propria ‘casacca’ la nuova nomina (da Renzi alla Meloni). Niente di più falso e stupido.

Arcuri, nominato commissario straordinario il 18 marzo 2020, ha avuto il compito di affiancare il Governo dall’inizio dell’emergenza, quando peraltro sarebbe stato assai arduo nominare subito un militare al posto di un civile: Arcuri ha dovuto procurare mascherine e attrezzature per le terapie intensive, tanto per cominciare, ma anche dispositivi di emergenza per gli ospedali o banchi per la riapertura delle scuole.  Si è impegnato in una fase disperata della pandemia, in quei mesi difficili che ovviamente ora tutti sono disposti a dimenticare, quando ci si muoveva in un terreno inesplorato, e in Italia scoprimmo l’importanza di avere, e di produrre, ventilatori e mascherine. In quei mesi Arcuri ha avuto il merito di coordinare sforzi drammatici, mentre sfilavano le bare e il virus mordeva i corpi come un cane rabbioso.

L’ex banchiere alle prese con il capitalismo all’italiana

Riformare il sistema in senso progressivo, questo il vulnus inferto dal programma di Mario Draghi in veste di nuovo premier. Una conclusione talmente ovvia...

Pandemia e caso italiano, pungolare Draghi: questo è il problema

Modificando in parte un antico detto di Ennio Flaiano, si potrebbe dire che la situazione italiana è “grave” e “seria” al tempo stesso. Anzi, si potrebbe, aggiungere “tragica”. Pandemia, crisi economica, gap di arretratezze strutturali rispetto ad altri Paesi europei, fanno sempre dell’Italia un caso a parte.

Lo è anche nella forma di governo guidata ora da Mario Draghi. Non c’è altra realtà della Comunità europea dove sia stato necessario affidare la premiership a un “tecnico”, per giunta banchiere di alto profilo, e sia stato necessario un governo di “salvezza nazionale” (parole quest’ultime del presidente Sergio Mattarella”). È stato necessario qui da noi per la fisiologia istituzionale (la debolezza degli esecutivi) e perché fasi emergenziali sono state affrontate solo o nell’immediato dopoguerra o di fonte al terrorismo, o infine di fronte a scadenze economiche (entrata nell’euro, spread e via dicendo). Il civile rapporto maggioranza-opposizione e quello che si chiama “interesse nazionale” non fanno parte della nostra tradizione (fecero eccezione De Gasperi, Nenni, Togliatti e per un periodo Moro, Berlinguer). Basta dare uno sguardo a storia e regole della Gran Bretagna o a quelle della Germania degli ultimi anni di governi di unità nazionale tra Popolari e Socialdemocratici per rendersi conto delle diversità.

Il primo giorno di Draghi alle Camere

Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale. Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io...

Una netta sensazione di peggioramento

La maggioranza giallo-rossa era la soluzione più avanzata che il parlamento uscito dalle elezioni del 2018 potesse offrire. Avrebbe dovuto essere adottata fin da subito e durare l’intera legislatura. Soltanto l’inconsistenza di un partito come il Pd – basato sull’elezione a sfondo plebiscitario del proprio leader, un meccanismo che ha prodotto la particolare perversione renziana –, regalando il governo alla Lega, aveva reso possibile l’obbrobrio di una maggioranza, in quel momento dichiaratamente sovranista-populista, tra i 5 Stelle e la Lega. Ma che questi partiti non potessero intendersi, anche perché espressione di realtà territoriali diverse, tra loro profondamente diseguali (la Lega è impiantata al Nord, pur con la “correzione” nazionalista salviniana, mentre la rabbia meridionale si è espressa soprattutto nel voto grillino), era piuttosto evidente; l’errore di Salvini nell’estate del 2019 ha fatto il resto. La nascita del Conte 2 restava comunque appesa all’esigenza di visibilità e sopravvivenza politica di Renzi. Qualcuno aveva creduto che i pretesti messi in campo per colpire il governo giallo-rosso (la questione del Mes, la faccenda del Recovery Plan scritto male nella prima stesura, il nodo della “prescrizione”, e così via) si dissolvessero di fronte alla possibilità di ottenere un ministero in più. Così non è stato, perché Renzi ha ben chiaro che alle prossime elezioni dovrà giocarsi tutto, e che per non morire deve assolutamente fare in modo di ereditare i voti di un moribondo Berlusconi (anche poi presentandosi, se sarà il caso, in un’unica lista con Forza Italia). Il governo tecnico-politico è l’ombrello migliore sotto il quale tessere una tela neocentrista, mentre mettere fuori dalla luce dei riflettori un competitore come Conte, anche lui orientato a prendere voti nello stesso bacino elettorale, neppure era da considerare un obiettivo trascurabile.

Interrogativi sul governo nascente

Ottimismo e pessimismo. Della volontà e dell’intelligenza, aggiungerebbe Antonio Gramsci.

Con ottimismo, il governo Draghi può essere una fase di tregua politica in cui – senza squillanti dichiarazioni su “bicamerali” o “esecutivi costituenti” – si può provare a mettere mano a una fase di modernizzazione nazionale, complici recovery plan e recovery fund di ispirazione europea, oltre alla pandemia che non dà tregua. Su fisco, giustizia, sanità, debito, ambiente e sviluppo, sburocratizzazione della pubblica amministrazione può servire un accordo vasto e circoscritto: si tratta di regole del gioco del sistema politico-istituzionale. La forza di Mario Draghi sta nel rappresentare un riferimento di garanzia e autorità per il suo curriculum (economista di formazione keynesiana, presidente della Banca d’Italia e poi della Banca centrale europea) in un quadro di afasia della politica. Il governo Conte è morto di tran tran in un periodo che chiedeva al contrario eccezionalità e slancio riformatore.

Lo shock rappresentato da Draghi premier in pectore sta avendo anche effetti immediati. La conversione alla civilizzazione europea della Lega (pure sul tema immigrazione con l’accettazione del Trattato di Lisbona) e quella dei 5 Stelle alla responsabilità propositiva non sono risultati da buttare via, insieme alla divisione della destra (la scelta di Fratelli d’Italia). Meglio avere avversari o alleati politicamente evoluti che prodotti da un imbarbarimento della politica con voti farsa su piattaforme digitali (vedi quella detta Rousseau).