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Vaccini, pubblico e mercato: le frontiere della società del sapere
Martedì 23 febbraio, fra i titoli della prima pagina del Sole 24 ore, campeggiava la richiesta di una consultazione fra le aziende farmaceutiche italiane per valutare un piano nazionale di produzione dei vaccini. In poche settimane quella che sembrava una sparata isolata, dal vago sapore ideologico, di gruppi politico-culturali marginali è diventata una tecnicalità indispensabile per dare credibilità ed efficacia a un vero piano nazionale di vaccinazioni.
Il nodo che i vaccini hanno in poco tempo reso ineludibile è indistricabilmente figlio della società del sapere, ed era già stato evidenziato dalle prime, per quanto ancora sparute, scaramucce sulla potenza di calcolo: la scienza che oggi è sottesa a ogni attività umana e da cui dipende la nostra stessa sicurezza, come nel caso dei vaccini, può essere governata esclusivamente dal mercato? È una domanda che viene davvero da molto lontano, che sta alla base delle riflessioni che, dopo le ondate positiviste di metà dell’Ottocento, ritroviamo nei primi dibattiti del movimento socialista, grazie alle intuizioni contenute soprattutto nei Grundrisse di Marx, testo che, pur non scritto per la circolazione, aveva contaminato numerosi interventi del Moro.