Avanti al centro. In sintesi è questo il dato che si evince dal risultato delle elezioni anticipate olandesi – erano previste per il 2027 –, che hanno registrato un calo della partecipazione al voto, attestatasi al 76,3% degli aventi diritto contro il 77,7% del novembre 2023, mentre nel 2021 l’affluenza alle urne fu del 78,7%. Anche se i dati potrebbero subire dei mutamenti nelle prossime ore (o addirittura giorni), le elezioni hanno visto affermarsi con ventisette seggi i socioliberali progressisti di D66 (Democraten 66), guidati dal giovane Rob Jetten; mentre i nazionalisti xenofobi del Pvv (Partij voor de Vrijheid, Partito della libertà) capeggiati da Gert Wilders – il cui ritiro dall’esecutivo presieduto dal conservatore indipendente Dick Schoof aveva provocato la crisi dello scorso 3 giugno – si sono fermati a ventisei seggi.
Sia pure fortemente ridimensionati, i nazionalisti hanno comunque conseguito un risultato importante, anche se il partito è destinato a vivere in situazione di splendido isolamento nel panorama politico olandese, viste le sue posizioni estremiste ed euroscettiche. Ricordiamo che anche nel 2010 Wilders sostenne un esecutivo guidato da Mark Rutte, salvo poi ritirare l’appoggio due anni dopo: più o meno la stessa situazione che si è verificata pochi mesi fa.
Il parlamento olandese si compone di centocinquanta seggi. Nel 2023, le due principali formazioni avevano ottenuto risultati molto diversi. Il D66 oggi ha triplicato i voti, guadagnando diciassette seggi in più rispetto alle precedenti elezioni, mentre l’estrema destra scende da trentasette a ventisei. Detto questo, è molto difficile prevedere che cosa succederà. Tradizionalmente, in Olanda, come già nel 2023, i tempi per formare un governo sono molto lunghi – a causa della presenza di molti partiti in un contesto caratterizzato da un sistema elettorale proporzionale, con una soglia di sbarramento inferiore all’1%.
Bisognerà vedere le intenzioni di Jetten, che avrà certamente il compito di formare il nuovo governo. Più a destra o al centro, o più a sinistra? Oppure una grande coalizione? A riguardo, altri tre partiti hanno conseguito risultati vicini a quelli delle due principali formazioni. Il Vvd, (Volkspartij voor Vrijheid en Democratie) con ventidue seggi, guidato da Dilan Yesilgoz, l’erede di Rutte. A seguire, l’Alleanza laburisti-verdi capitanata da Frans Timmermans, che si attesta a venti seggi, in calo rispetto alla precedente legislatura, il che ha provocato le dimissioni del fautore del Green Deal europeo. Infine, tra le principali forze politiche, va registrato il dato dei centristi del Cda di Henri Bontenbal, che passa, in due anni, da cinque a diciotto seggi, trasformandosi così in una forza politica determinante nella formazione del nuovo esecutivo.
Fuori da possibili alleanze c’è la destra conservatrice del JA21 (che a Bruxelles siede tra i conservatori e riformisti, lo stesso gruppo di Fratelli d’Italia), che conquista nove seggi contro l’unico del 2023. Medesimo destino per i populisti del Forum per la democrazia (Fvd), guidati da Thierry Baudet, che possono però essere soddisfatti del proprio risultato, visto che passano da tre a sette seggi, diversamente dal Movimento contadino (Bbb), che scende da sette a quattro seggi. Peggio ancora i centristi del Nsc di Pieter Omtzigt, che resta fuori dal parlamento, contro i venti seggi conseguiti nel 2023.
Dicevamo di Jetten. Classe 1987, laureato in arte, è stato presidente nazionale dell’organizzazione giovanile del suo partito. Omosessuale, ambientalista pragmatico – come si definisce lui –, e fautore della legge sul clima nel 2022, ha fatto parte del quarto governo Rutte come ministro senza portafoglio del Clima e dell’Energia. Il 12 agosto del 2023, è diventato leader del partito al posto di Sigrid Kaag. Malgrado le dimissioni del governo Rutte, l’8 gennaio 2024 è ministro delle Finanze. Ma Jetten guarderà più a destra o più a sinistra? Da escludere un’alleanza con i conservatori del Vvd (ma mai dire mai), per il giovane politico sarebbe più naturale guardare ai laburisti alleati con i verdi e al Cda centrista.
Quali i problemi principali che il nuovo esecutivo si troverà ad affrontare a partire dal 2026? Gli stipendi, la difficoltà di accesso al sistema sanitario nazionale, l’immigrazione e il costo degli alloggi; mentre i temi di politica estera, come la corsa al riarmo, hanno trovato poco spazio. I partiti europeisti – D66 e i laburisti-verdi – sono favorevoli sia all’integrazione degli eserciti europei sia all’aumento delle spese militari; mentre sui temi dell’immigrazione c’è come ovunque la divisione tra la destra, che vede nella presenza degli stranieri la causa di tutti i problemi sociali, e le più concilianti forze progressiste. Di grande preoccupazione il problema degli alloggi, che ha assunto, da trent’anni a questa parte, caratteristiche impensabili. Da un lato, si registra una carenza di alloggi (ne servirebbero almeno quattrocentomila o, più realisticamente, novecentomila in dieci anni); dall’altro, i costi sono quadruplicati a fronte di salari solo raddoppiati, dunque insufficienti a fare fronte a questa basilare necessità. Ne consegue un allarme sociale, perché molta gente è fuori dal mercato immobiliare.
Secondo un sondaggio, realizzato dall’istituto demoscopico Gallup, e riportato dalla testata online “VaticanNews”, soltanto il 29% dei cittadini olandesi si ritiene soddisfatto della situazione abitativa. Chi guadagna poco più del salario minimo non è in grado di acquistare un appartamento, ma nello stesso tempo non rientra nella lista di chi ha diritto a una casa popolare. La costruzione di nuove abitazioni, però, deve fare i conti con un territorio limitato – circa 41.000 km quadrati all’interno del quale vivono quasi diciotto milioni di persone. I diversi partiti politici del Paese dovranno, dunque, trovare una sintesi sui temi più spinosi e complessi per garantire stabilità e ridurre le tensioni sociali, in un Paese divenuto nel frattempo un altro paradiso fiscale al pari dell’Irlanda (vedi qui), nel cui ambito circola una mole importante di denaro, spesso frutto di abusi fiscali da parte delle grandi corporation. I tempi in cui l’Olanda era considerata un Paese virtuoso, con un alto livello di vita, un welfare degno di questo nome e diritti civili degni del nome, sono solo un ricordo.








