Nell’orizzonte paralizzante segnato da paura, impotenza e senso della fine, che ha costituito lo sfondo depressivo su cui si è mossa l’opinione pubblica (supposto che esista ancora qualcosa che va sotto questo nome) europea e italiana nell’ultimo anno, la vicenda da cui è nata Flotilla ha rappresentato una rottura netta con l’epoca delle “passioni tristi”, lo schiudersi di una possibilità di incidere, di fare sentire la propria voce senza rimanere soffocati, schiacciati dal peso di vicende spaventose su cui al singolo cittadino pareva impossibile di potere intervenire. E a Genova una intera città improvvisamente si è mossa, come fosse stato superato il livello di sopportazione umanamente tollerabile. Il Collettivo autonomo dei portuali, il Calp, di cui parlammo già anni fa quando cominciarono coraggiosamente a bloccare le navi saudite cariche di armi (vedi qui), il gruppo di Music for peace, un’intera cittadinanza che ha raccolto viveri e preparato pacchi casa per casa, raccogliendo in pochi giorni il doppio di quanto si era auspicato di inviare. I cinquantamila, il 10% degli abitanti totali della città, che hanno accompagnato la partenza delle prime imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, le hanno consegnato un potente testimone ideale: bisogna agire, muoversi, fare percepire solidarietà e calore al di là della lontananza dei luoghi diventati macelleria del mondo.
Un testimone poi raccolto in maniera massiccia, il 22 settembre, dalle manifestazioni che si sono svolte in tutto il Paese. Un’azione collettiva che fa giustizia dell’inerzia e delle complicità della politica, del governo, che apre contraddizioni, che obbliga a discutere. Per la prima volta da anni, di un evento si parla ovunque, dai bar agli angoli delle strade. Nel frattempo, Flotilla solca un Mediterraneo diventato negli anni un cimitero marino, con i fondali tappezzati di migranti morti nel tentativo di raggiungere le sponde dell’Europa, e nel percorrere la sua rotta gli ri-conferisce una nobiltà, lo fa ridiventare in un certo senso “nostro”, riscopre un “Mediterraneo solidale”, come ha scritto su “Repubblica” Luca Borzani, un’immagine da “portarci dentro”.
Per questo motivo, Flotilla non può tornare indietro, deve seguire il suo destino fino in fondo, perché questo è il mandato che le è stato affidato. A poco valgono le voci querule di presidenti e prelati, le proposte di mediazione più o meno improvvisate, le grida scomposte che vorrebbero la spedizione umanitaria addirittura “mettere in pericolo il piano Trump” (figurarsi…): il gesto simbolico che sta dietro la spedizione è più forte dell’effettivo recapito a destinazione delle derrate, parla di un ritorno di consapevolezza e di politica, allude a un riscatto collettivo. Ed è questo ciò che veramente preoccupa i vari Tajani, Meloni, presi in contropiede, travolti da un improvviso risveglio di istanze che non sono solo solidaristiche, ma pongono inesorabilmente questioni più ampie. In un quadro dominato dalla forza, viene riproposta la questione della giustizia, ma c’è di più: qualcuno ha il coraggio di dire: a decidere dei destini del mondo non dovete essere solo voi, i potenti, gli affaristi, gli avvoltoi, c’è anche la nostra voce, e dice cose diverse dalle vostre.
E la questione diviene sempre più spinosa da gestire, man mano che le imbarcazioni si avvicinano alle coste di Gaza ed è circondata dalla marina militare israeliana, che nelle notti scorse ne ha disturbato le trasmissioni. Flotilla potrebbe essere anche, come forse sarà, neutralizzata, con maniere più o meno buone o cattive, a seconda dello svolgersi degli eventi e dell’evolvere del contesto internazionale. Nel loro autismo gli attuali governanti “spartani” di Israele potrebbero tranquillamene ignorare appelli e minacce di sciopero che giungono da ogni parte, e andare giù con la mano pesante, considerando la spedizione come un attacco diretto. E così, tra polemiche pretestuose e facili vaticini di sventura, Flotilla arriva ormai a diretto contatto, già quasi visivo, giunge a fare i conti con la realtà di una situazione atroce, che gronda sangue come mai si era visto in tempi recenti, come ha gridato il vescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, nella sua omelia piena di voluti riferimenti “navali” e “marini”, tenuta per la ricorrenza di San Gennaro, il 19 settembre.
Ci auguriamo che per lo meno lo spirito e l’audacia della missione vengano pubblicamente riconosciuti, e che sia risparmiato il peggio ai componenti degli equipaggi. E tuttavia, al di là che la spedizione stessa finisca con un abbordaggio, o con arresti e confische, quello che veramente conta e le sopravvive sono i meccanismi che ha innescato, le reti che ha attivato, l’attenzione che ha saputo suscitare, che vanno ben al di là della consegna del cibo – certo pure importantissima, ma in certo senso donchisciottesca, probabilmente vana o facilmente vanificabile dalle forze occupanti. Non a caso la preoccupazione principale dei politici, a quanto si sente nei talk show, è che un intervento cruento possa scatenare uno sciopero generale, almeno in Italia, sciopero che si intuisce paventato molto più dell’arrivo incolume delle barchette pacifiste.
Se si ragiona in questi termini, però, forse Flotilla è già arrivata dove doveva arrivare. È approdata con successo, ed è approdata proprio nell’Europa spaventata e cupa da cui era partita, riaprendo speranze di pace, istanze di mobilitazione sociale e di partecipazione, innescando anche per il pensiero nuove riflessioni e suggerendo un ripensamento di quanto avvenuto negli ultimi anni. Come diceva il sommo poeta: “Per correr miglior acque alza le vele / la navicella del mio ingegno / che lascia dietro sé mar sì crudele”. E in queste migliori acque la vicenda di Flotilla – si concluda come si concluda – ci esorta energicamente a inoltrarci.
Post-scriptum – Chiuso l’articolo, per motivi redazionali, intorno alle 18 di mercoledì primo ottobre, già un paio d’ore dopo le facili previsioni che vi erano contenute si stanno realizzando. È arrivato, pressoché scontato, l’abbordaggio, ed è stata prodotta l’attesa dimostrazione di forza prevaricatrice da parte israeliana: assalti, cannoni ad acqua; sono arrivati gli arresti, è venuto il sequestro delle imbarcazioni e dei pacchi con i viveri. Ma già in tarda serata sono partite le proteste e i blocchi spontanei di porti, stazioni e strade in tutta Italia e in altri Paesi, tra cui la Spagna. Si conferma dunque quanto si provava ad anticipare: la Flotilla è stata intercettata e bloccata, in apparenza neutralizzata, ma al contempo è ben approdata nell’animo di tanti, esattamente dove si sperava potesse trovare spazio in cui gettare stabilmente le sue ancore.









