Smentendo le previsioni dei giorni scorsi, che vedevano il Paese spaccato in due nelle elezioni parlamentari di domenica, la Moldavia ha scelto nettamente di puntare al “sogno europeo” battendo i filorussi. Nel più povero Paese europeo, fino al 1991 facente parte dell’Unione sovietica e confinante con la Romania e l’Ucraina, si è infatti affermato il Partito di azione e solidarietà (Pas) della presidente Maia Sandu (vedi qui). Gli europeisti hanno raggiunto il 50% dei voti contro i filorussi del Blocco patriottico – una coalizione di partiti vicini a Mosca – che si sono fermati al 24%, contrariamente a quanto previsto. Gli altri due partiti più votati sono stati il Partito nostro (6,2%), filorusso ma più vicino a posizioni progressiste, e il Blocco alternativo (8%), al contrario europeista, ma con un programma conservatore. Gli aventi diritto al voto sono tre milioni, molti residenti all’estero, dei quali il 52% si è recato alle urne.
Nei suoi numerosi viaggi in Europa, la presidente Sandu ha avuto modo, lo scorso 14 settembre, di arrivare anche nel nostro Paese. Come riferisce l’Osservatorio Russia, “Sandu (in occasione degli incontri con le massime autorità italiane, ndr) ha sottolineato alcuni risultati concreti raggiunti grazie alla collaborazione con Roma: l’Italia ha sostenuto la Moldavia con novanta milioni di euro di aiuti, destinati soprattutto alle famiglie vulnerabili per pagare le bollette energetiche”. Inoltre “i lavoratori moldavi avranno diritto alla pensione per gli anni maturati in Italia, e, dall’8 novembre 2025, entrerà in vigore l’accordo per la conversione delle patenti di guida moldave”. Il voto dei moldavi della diaspora è importante.
Non sappiamo in questo caso quale sia stato l’orientamento politico prevalente, ma certo soprattutto coloro che vivono in Europa non gradiscono di essere avvicinati a Mosca. “La mobilitazione degli elettori moldavi all’estero in occasione delle elezioni parlamentari di oggi (domenica scorsa, ndr) – informa l’Ansa citando fonti del ministero degli Esteri moldavo – è stata senza precedenti: davanti a diversi seggi elettorali nelle principali città europee, tra cui Bucarest, Bruxelles, Roma, Atene, Praga, Norimberga e Lisbona, si sono create code considerevoli”. “Su 2.274 seggi elettorali – osserva Gian Marco Moisé, dottore di ricerca in Politica e relazioni internazionali della Dublin City University, oltre che collaboratore dell’Osservatorio Balcani, Caucaso Transeuropa –, 1.973 si trovano sul territorio della Repubblica moldava, di cui dodici per i residenti della Transnistria, e 301 all’estero. 313 seggi, invece, sono stati aperti nella circoscrizione elettorale di Chișinău, comprese le periferie. All’estero, la maggioranza assoluta è in Europa (75 in Italia, 36 in Germania, 26 in Francia, 24 in Gran Bretagna, 23 in Romania, 15 in Spagna). Solo due seggi sono stati aperti in Russia, uno in Azerbaijan e uno in Bielorussia”.
Come abbiamo accennato, “così come nel voto referendario di novembre 2024 – dice Moisé – con una così massiccia presenza della diaspora europea e americana (22 seggi sono stati aperti negli Stati Uniti e 7 in Canada), è possibile che la diaspora giochi ancora una volta un ruolo determinante”. Come già successo in altri Paesi dell’area, una volta legati a Mosca – come Romania e Georgia (vedi qui e qui) –, anche questa volta non sono mancate accuse alla superpotenza di interferire pesantemente nel corso della campagna elettorale. “Anche stavolta – informa ‘Il Post’ –, secondo il governo, i tentativi non si sono limitati alla disinformazione online, cioè alla tattica più rodata della propaganda russa, che comunque nelle ultime settimane si è intensificata. Lunedì (precedente al voto, ndr) la polizia moldava ha arrestato 74 persone. Sono accusate di essere state ingaggiate dalla Russia per fomentare disordini prima, durante e dopo il voto di domenica”. Nello stesso giorno, “Bloomberg” ha accusato la Russia di avere corrotto moldavi residenti all’estero, affinché votassero contro il partito di governo. Come abbiamo già sottolineato in altre occasioni, si tratta di uno scenario normale in un contesto in cui l’Unione europea sostiene i partiti europeisti presenti in Moldavia (come del resto altrove).
Un’altra non indifferente preoccupazione per la Moldavia europeista è la Transnistria, repubblica secessionista filorussa (vedi qui), vera spina nel fianco per Chișinău, che per la Moldavia rappresenta ciò che il Donbass è per l’Ucraina. Dopo un conflitto armato con la Moldavia, nel 1992, questa piccola striscia di terra – 465.800 abitanti in 4.163 km² – è divenuta autonoma ma non è riconosciuta dalla comunità internazionale, mentre è sostenuta dalla Russia, che ha inoltre collocato in loco circa mille soldati. Senza contare che quei pochi chilometri quadrati ospitano traffici di ogni genere, come quelli di armi, droga e petrolio di contrabbando. Resa nota da Nicolai Lilin, nel suo racconto più famoso, Educazione siberiana, la Transnistria viene definita “Paese che non c’è” o “Paese fantasma”, perché è priva di un riconoscimento giuridico – anche se farebbe ancora parte della Moldavia – e ha come moneta un rublo locale che nel mondo nessuno cambia. Ma in realtà è ben presente nella testa dei moldavi, da un lato, e del Cremlino, dall’altro, che non ha mai nascosto le sue mire annessionistiche. Qualora Mosca, un domani, dovesse fare sul serio, sarebbe un bel problema per la Moldavia e per l’Europa. Trovarsi dentro casa un pezzo di Russia, infatti, non sarebbe il massimo se si tiene conto che il conflitto già in atto – quello russo-ucraino – è ben lungi dall’essere risolto.








