Mentre a più riprese le imbarcazioni della Global Sumud Flotilla vengono attaccate e le comunicazioni radio sono disturbate da inquietanti interferenze israeliane, Tel Aviv chiede che gli aiuti della flotta siano consegnati alle parrocchie del patriarcato latino a Cipro. Da qui sarebbero trasferiti al porto di Ashdod in Israele, e poi, attraverso un corridoio aperto dalle Misericordie, entrerebbero finalmente a Gaza. Almeno così sostiene il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che sta lavorando alla mediazione. Al di là della veridicità delle dichiarazioni di Israele – che, come sappiamo, nonostante quanto proclamato da schiere di influencer strapagati dal Likud, sta affamando da mesi la Striscia – la richiesta mostra la centralità di Cipro nei rapporti tra Europa e Medio Oriente.
Dal 1974 l’isola del Mediterraneo è divisa: la parte nord è l’autoproclamata Repubblica turca di Cipro del Nord, riconosciuta solo da Ankara, mentre la regione meridionale è la Repubblica di Cipro, membro dell’Unione europea. Quest’ultima è diventata la zona d’interesse degli israeliani, che, secondo fonti locali, dal 2021 a oggi, hanno acquistato quasi quattromila proprietà, in particolare nell’area a ridosso della cosiddetta Green Line, la zona di cessate il fuoco al confine con la vicina turco-cipriota. Sono cresciuti quindi i residence a gestione israeliana accanto alle basi militari di Akrotiri e di Dhekelia, gestite dalla Raf britannica, da cui – guarda caso – arriva il sostegno logistico alle operazioni delle forze armate israeliane.
Gli investitori israeliani hanno spesso puntato a grandi lotti, complessi residenziali con servizi integrati (gated communities), oppure a terreni per resort. Emblematico è il caso di Shimon Aykut, imprenditore edile nato in Turchia ma con cittadinanza israeliana e della Repubblica turca di Cipro Nord, arrestato a Nicosia, Cipro Sud, nel 2024, per associazione a delinquere, frode immobiliare, appropriazione indebita, riciclaggio di cinquanta milioni di euro. In totale, la sua società Afik, il cui patrimonio è stimato a oltre un miliardo di euro, avrebbe intrapreso o pianificato almeno otto progetti di resort turistici, per oltre 8.600 unità. Nel 2023, aveva dichiarato che almeno centocinque delle tremila abitazioni costruite dalla sua azienda erano state acquistate da cittadini israeliani.
Negli ultimi anni, la popolazione israeliana sull’isola è cresciuta, con un picco dopo il 7 ottobre 2023, fino a raggiungere circa quindicimila persone, sostenute da organizzazioni, come Chabad, che rivendicano la loro missione culturale e religiosa: “Il nostro obiettivo primario è migliorare la qualità della vita ebraica per ogni ebreo a Cipro: i valori morali e le ricche tradizioni dell’ebraismo non dovrebbero essere negati a nessuno”. Una specie di Aliah, cioè di ritorno in terra santa, ma in un’isola del Mediterraneo. Una narrazione che rassicura e rafforza il senso di comunità ebraica nella regione, che però si scontra con la crescente percezione, da parte di settori politici e sociali ciprioti, di una penetrazione strategica che va ben oltre il turismo o la solidarietà tra connazionali.
La preoccupazione è che si tratti di veri e propri insediamenti israeli-only, in aree sensibili, e soprattutto con infiltrazioni del Mossad. Così almeno si è espresso il segretario generale del partito di sinistra greco-cipriota Akel, Stefanos Stefanou, mettendo in dubbio la qualità dell’espansione immobiliare israeliana sull’isola: “Quelle non sono case vacanze, acquistano lotti di terra per costruire insediamenti solo israeliani. Stiamo perdendo il controllo del nostro Paese, mentre loro comprano illegalmente porzioni di territorio in aree sensibili, mettendo a rischio la sicurezza nazionale”. A queste dichiarazioni ha risposto il partito governativo, accusando il politico cipriota di antisemitismo, nonostante, storicamente, i partiti di estrema destra siano stati gli unici a esprimere odio verso gli ebrei.
La presenza dei servizi segreti israeliani sembrerebbe essere sostenuta da più operazioni congiunte con l’intelligence locale, come il presunto complotto iraniano contro uomini d’affari israeliani nel 2023, che ha portato al fermo di due richiedenti asilo e all’arresto, nel giugno 2025, di un altro uomo, presumibilmente un membro delle Guardie rivoluzionarie iraniane, con l’accusa di terrorismo e spionaggio. In entrambi i casi – come riporta l’Associated Press – la polizia locale avrebbe ricevuto “informazioni altamente riservate e affidabili da un’agenzia straniera”.
L’interesse israeliano per Cipro, tuttavia, non riguarda solo la creazione di nuove oasi immobiliari e di sedi per l’intelligence, sono le risorse energetiche a rendere l’isola un nodo strategico nel Mediterraneo orientale. Mentre continuano le dispute economiche e geopolitiche tra Israele e Turchia – che riguardano il giacimento di gas Aphrodite, scoperto nel 2011 al largo di Cipro e stimato in circa centoventi miliardi di metri cubi –, è in fase di sviluppo un grosso progetto di cavo sottomarino ad alta tensione EuroAsia Interconnector, oggi ribattezzato Great Sea Interconnector. L’infrastruttura, che collegherà le reti elettriche di Israele, Cipro e Grecia, sarà lunga oltre mille chilometri, destinata a raggiungere una profondità di tremila metri. Rappresenta uno dei più ambiziosi interventi energetici nella regione: la prima fase prevede una capacità di trasmissione di circa mille megawatt, destinata a raddoppiare successivamente, con un investimento complessivo stimato tra 1,5 e 1,9 miliardi di euro, sostenuto dall’Unione europea e dai fondi ciprioti per la resilienza.
Grazie all’espansione del fotovoltaico e dell’eolico, l’isola produce, infatti, molta più energia di quanta ne consumi, e, con il collegamento sottomarino, potrebbe trasformarsi in esportatrice netta. Anche per Israele il cavo rappresenta un’assicurazione strategica: in caso di crisi interne o shock energetici, la connessione con l’Europa diventa una valvola di sicurezza. Ma il progetto non è privo di ostacoli. Ritardi tecnici, difficoltà logistiche legate alla posa del cavo in acque profonde hanno già sollevato dubbi sulle tempistiche. Ed è inoltre in corso un’indagine da parte dell’Office europeo del procuratore pubblico (Eppo) su presunte irregolarità nelle procedure di finanziamento.
Da parte sua, Ankara non solo contesta la legittimità del progetto, ma denuncia i rapporti militari della Repubblica di Cipro con Israele. Nicosia, nel 2023, ha acquistato un sistema di difesa aerea israeliano denominato Barak MX, sviluppato da Israel Aerospace Industries, che ha capacità avanzate per intercettare vari tipi di minacce aeree, e che fornisce copertura su una vasta area.
Nonostante le critiche dell’opposizione e di parte della popolazione, che teme una ripercussione turca o iraniana per la complicità con Israele, sotto la guida di Nikos Christodoulides, l’isola ha approfondito i propri legami con il Paese mediorientale. Insomma, la Repubblica di Cipro è legata a stretto giro alle sorti di Israele, attraverso partnership energetiche, cooperazione in materia di difesa e iniziative congiunte nel Mediterraneo orientale. Dunque, che si indichi l’isola come porto sicuro per far attraccare gli aiuti diretti a Gaza non dà alcuna garanzia. Cipro non è affatto super partes come si vorrebbe far credere.








